201705.19
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Cass., sez. trib., 19 maggio 2017, n. 12631 (testo)

Fatti di causa

T.M., esercente attività di commercio al dettaglio di calzature e accessori, ricorre con dieci motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Sicilia, che su impugnazione di avviso di accertamento, preceduto da contraddittorio, per Iva, Irap e Irpef anno 2004, emesso in base all’applicazione degli studi di settore, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio. In particolare la C.T.R. ha ritenuto che l’applicazione degli studi di settore “debba comportare una rigorosa indagine di fatto per acclarare la ricorrenza dei parametri di collegamento e dei consequenziali raffronti della comparazione dei valori ritenuti superiori a quelli dichiarati” per poi rilevare che nel caso di specie “dal raffronto fra i ricavi e il costo della merce venduta risulta una percentuale di ricarico (15%) assolutamente inadeguata” rispetto a quella normalmente applicata nel settore merceologico, “senza che la contribuente abbia addotto alcun plausibile motivo idoneo a vanificare la presunzione, che perciò appare surrogata da quegli indizi gravi precisi e concordanti voluti dalla normativa”.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Ragioni della decisione

1. Col primo motivo del ricorso si deduce error in procedendo per violazione del giudicato interno, in assenza, nell’appello dell’Ufficio, di una specifica impugnazione sulla mancanza di motivazione dell’avviso di accertamento.

2. Col secondo motivo si deduce nullità della sentenza per carenza di interesse, in violazione dell’art. 100 c.p.c., non avendo l’appellante impugnato la sentenza di primo grado in relazione alla mancanza di motivazione dell’accertamento.

3. Col terzo motivo e col quarto motivo si denunzia nullità della sentenza e del procedimento per inammissibilità dell’appello dell’Ufficio (art. 53 d.lgs. 546/92), in difetto di specificità dei motivi, nonché per la mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti di causa.

4. I primi quattro motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati e vanno respinti.

Non sussiste la dedotta mancanza di specificità dei motivi di appello, che non consiste nella formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, essendo sufficiente, ai fini di quanto previsto dall’art. 53 d.lgs. 546/92, l’esposizione della domanda e delle ragioni della doglianza – presenti nel caso di specie come riportate dall’Ufficio nel controricorso – e bastevole per l’Agenzia appellante ribadire la legittimità dell’accertamento e con essa, della sua motivazione, ben potendo nel processo tributario il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza (cfr. Cass.1224/2007; n. 7393/2011; n.14908/2014). Peraltro nel caso di specie l’Agenzia ha specificamente censurato la sentenza di primo grado anche in ordine alla motivazione dell’accertamento, come riportato nei motivi di appello contenuti nel controricorso.

5. Col quinto motivo del ricorso si deduce nullità della sentenza e del procedimento per inammissibilità dell’appello dell’Ufficio (art. 53 d.lgs. 546/92), mancando una specifica contestazione in ordine all’irrogazione della sanzione;

6. col sesto motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 56 d.lgs. 546/92, avendo la C.T.R. deciso ultra petita, confermando in toto l’atto impugnato, anche con riferimento alla sanzione, questione non riproposta nell’appello dell’Ufficio;

Il quinto e sesto motivo del ricorso vanno respinti. La conferma in toto dell’atto impugnato coinvolge anche le sanzioni conseguenti alle violazioni contestate nell’accertamento, in quanto obbligazione accessoria a quella principale, direttamente discendente da essa e in essa quindi compresa, senza necessità, pertanto, di specifico e autonomo motivo di appello. conseguenza dell’accertamento

7. Col settimo motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la C.T.R. omesso di pronunciarsi sulla nullità dell’atto impugnato per inesistenza della notifica. A tale doglianza si ricollega il decimo motivo, col quale si deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo la C.T.R. omesso di pronunciarsi sul vizio di motivazione dell’accertamento, riposte in sede di appello della contribuente Il settimo e il decimo motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.

L’eccezione della irregolarità della notifica è stata infatti proposta nella costituzione nel giudizio di appello, ed è pertanto inammissibile quale domanda nuova. Quanto all’omessa pronuncia sul vizio di motivazione della sentenza in relazione alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, manca il presupposto dell’interesse a proporre tale domanda in appello, essendo la contribuente vittoriosa in primo grado.

8. Col l’ottavo motivo si deduce violazione di legge (art. 62 sexies comma 3 dl. 331/93 conv. in L. 427/93; art. 39, comma 1, lett. d) d.P.R. 600/73 e art. 54 comma 2 d.P.R. 633/72), per avere la C.T.R. affermato che l’accertamento è stato legittimamente basato sugli studi di settore e che la percentuale di ricarico fosse desumibile dallo strumento presuntivo, ritenendo mancante la prova contraria della contribuente;

9. col nono motivo si denuncia insufficiente motivazione sulla percentuale di ricarico, ritenuta inadeguata senza considerare le concrete condizioni di esercizio dell’impresa nel periodo di riferimento.

10. Gli indicati motivi (ottavo e nono), esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondati e vanno accolti.

10.1. La C.T.R. ha infatti ritenuto la percentuale di ricarico “assolutamente inadeguata” in relazione all’accertamento presuntivo basato sugli studi di settore, senza alcuna motivazione in ordine alle deduzioni sul punto della contribuente.

10.2 .Questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato, che i parametri o studi di settore, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, comma 1, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio col contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza delle condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento, con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente (S. U. n. 26635 del 2009; n. 14288 del 2016; n. 3415 del 2015).

L’esperimento del contraddittorio col contribuente e la puntuale valutazione delle relative risultanze, costituiscono dunque elementi essenziali e imprescindibili della validazione, da parte del giudice, dell’accertamento fiscale basato sugli studi di settore, in quanto l’elaborazione statistica dei parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, deve essere adeguata alla realtà reddituale del singolo contribuente, solo così potendo emergere gli elementi idonei a commisurare la presunzione alla concreta realtà economica dell’impresa; con la conseguenza che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata, anche sotto il profilo probatorio, con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, soltanto così potendo emergere la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria a carico del contribuente (Cass. n. 27822 del 2013).

10.3. Nel caso di specie la C.T.R. ha ritenuto direttamente riconducibile all’accertamento presuntivo basato sugli studi di settore anche la determinazione della percentuale di ricarico, senza valutare le giustificazioni addotte dalla ricorrente e le circostanze ed elementi di fatto proposti per dimostrare l’eventuale allontanamento della sua attività dal modello normale, incorrendo così in un evidente vizio logico e in un sostanziale travisamento degli oneri probatori gravanti ex lege sulle parti.

11. Conclusivamente il ricorso va accolto con riferimento all’ottavo e al nono motivo del ricorso; rigettati i restanti; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese, alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie l’ottavo e nono motivo del ricorso; rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione.