202302.28
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Limiti all’impugnazione immediata del ruolo al vaglio della Consulta (nota a Giudice di Pace Napoli 492/2023)

Con l’ordinanza n. 492 del 3 febbraio 2023 il Giudice di Pace di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4 bis, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, introdotto dall’art. 3 bis, d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, nella parte in cui ha introdotto limiti alla impugnabilità immediata del ruolo, per violazione degli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione.

La disciplina oggetto del vaglio di legittimità costituzionale.

L’art. 12, comma 4 bis, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, introdotto dall’art. 3 bis, d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, non soltanto conferma che l’estratto di ruolo non è impugnabile, ma innova l’ordinamento statuendo che il ruolo e la cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio:

  1. per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;
  2. per la riscossione di somme dovute dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48 bis, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602;
  3. per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

La fattispecie processuale.

Il giudizio a quo ha ad oggetto un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. azionata da una persona fisica dopo aver appreso – mediante consultazione degli estratti di ruolo – dell’esistenza di debiti relativi a sanzioni per violazioni del Codice della Strada: è interessante notare che l’atto di citazione è stato preceduto dalla presentazione di una istanza di annullamento in autotutela, evidentemente infruttuosa.

L’Agente della riscossione eccepisce l’inammissibilità della domanda, giacché l’art. 12, comma 4 bis, d.p.r. n. 602 del 1973 troverebbe applicazione nei processi pendenti (cfr. Cass., sez. unite civ., 6 settembre 2022, n. 26283, in CED Cass., Rv. 665660).

La parabola delle Sezioni Unite: dalla lettura costituzionalmente orientata della sentenza n. 19704 del 2015…

Il Giudice rimettente ripercorre gli eventi che hanno condotto alla novella del 2021.

Il momento di apertura di questa sequenza è la sentenza n. 19704 del 2 ottobre 2015 (in CED Cass., Rv. 636309), con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazioni hanno affermato che:

  • il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione;
  • una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 impone di ritenere che l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non possa essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.

Secondo il Giudice di legittimità, “l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato ivi prevista non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il destinatario sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la facoltà del medesimo di far valere, appena avutane conoscenza, la suddetta invalidità che, impedendo la conoscenza dell’atto e quindi la relativa impugnazione, ha prodotto l’avanzamento del procedimento di imposizione e riscossione, con relativo interesse del contribuente a contrastarlo il più tempestivamente possibile, specie nell’ipotesi in cui il danno potrebbe divenire in certa misura non più reversibile se non in termini risarcitori”.

Diversamente opinando si determinerebbe un’abnorme ed ingiustificata disparità tra i soggetti del rapporto tributario: “mentre le notifiche degli atti processuali vengono valutate immediatamente dal giudice nel processo e, se non valide e tempestive, non producono alcun effetto in danno del destinatario, con riguardo agli atti impositivi l’invalidità delle relative notifiche produce come unico effetto immediato (non l’intervento del giudice ma) l’impossibilità per il destinatario di conoscere l’atto e quindi di promuovere il controllo giurisdizionale sul medesimo, e non interrompe quindi (ma rende anzi più “fluido”, in mancanza di contestazioni) il procedimento di imposizione e riscossione avviato dall’amministrazione, procedimento che potrebbe pertanto proseguire indisturbato fino alla sua conclusione attraverso il compimento dell’esecuzione senza che il contribuente abbia avuto mai modo di contestare la pretesa attraverso una impugnazione, e ciò non per fatto al medesimo contribuente addebitabile, bensì in ragione della invalidità di notifiche delle quali è onerata l’amministrazione e che sono nella sua piena determinazione sia con riguardo ai tempi di intervento sia con riguardo alle relative modalità (ad esempio indicazione di nominativi e recapiti) sia con riguardo alla valutazione della espletata attività di notificazione (in relazione al successivo controllo del buon esito della medesima ed alle determinazioni circa la necessità o meno di riprendere il procedimento notificatorio)”.

L’immediata impugnabilità del ruolo:

  1. potrebbe rappresentare un “correttivo” idoneo a bilanciare il rapporto sperequato tra amministrazione e contribuente”: infatti “la possibilità di accesso alla tutela giurisdizionale da parte del contribuente sarebbe ancora una volta rimessa alla determinazioni dell’amministrazione circa i modi e i tempi della notifica dell’eventuale atto successivo”, mentre “nel frattempo aumenterebbe per il contribuente il pregiudizio connesso alla iscrizione in un registro di pubblici debitori nei confronti dei quali è stato avviato un procedimento di esecuzione coatta; tale pregiudizio, nonché quello derivante da un eventuale completamento della esecuzione senza possibilità per il contribuente di far valere le proprie ragioni dinanzi ad un giudice, potrebbero essere eventualmente fatti valere poi solo coi tempi e i modi di un’azione risarcitoria nei confronti dell’amministrazione”;
  2. sarebbe “funzionale anche al buon andamento della pubblica amministrazione, perché di certo contribuisce ad evitare i costi di una procedura esecutiva male instaurata, la produzione e l’aumento di danni da risarcire al contribuente, i rischi di decadenza dell’amministrazione in ragione di ripetute notifiche non andate a buon fine”;
  3. non comporterebbe un aggravio del contenzioso, anticipando soltanto l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, ma non determinerebbe “un “rallentamento” dell’azione di prelievo, che non sia quello strettamente (e legittimamente) derivante dall’interesse e dal diritto costituzionalmente presidiato del contribuente di contrastare la possibilità di un prelievo illegittimo, dovendo rilevarsi che posticipare il momento in cui il contribuente può far valere l’illegittimità della pretesa non serve a “sveltire” l’azione di prelievo ma solo ad aumentare il danno derivante da azioni esecutive in ipotesi portate avanti sulla base di pretese illegittime”.

… alle questioni manifestamente infondate della sentenza n. 26283 del 2022.

A tale presa di posizione del Supremo Consesso ha fatto seguito un contenzioso ritenuto tanto gravoso per gli Agenti della riscossione da indurre il Legislatore a introdurre il comma 4 bis dell’art. 12, d.p.r. n. 602 del 1973.

Argomentando l’applicabilità di tale disciplina ai processi pendenti, nella sentenza n. 26283 del 2022 (in CED Cass., Rv. 665660) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione.

Viene esclusa la violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza, della tutela del legittimo affidamento e di coerenza e certezza dell’ordinamento: “con la norma in questione […] il legislatore, nel regolare specifici casi di azione “diretta”, stabilisce quando l’invalida notificazione della cartella ingeneri di per sè bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, tenendo conto dell’incisivo rafforzamento del sistema di garanzie, di cui si è detto, plasma l’interesse ad agire”.

Viene altresì esclusa la violazione degli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost., quest’ultimo nella prospettiva dell’art. 6 della CEDU (diritto a un equo processo) e dell’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione (protezione della proprietà), perché “la misura, indirizzata a scoraggiare impugnazioni “pretestuose”, non sarebbe proporzionata, finendo col punire anche le scelte che pretestuose non siano” e “le ipotesi tipizzate di tutela immediata sarebbero discriminatorie rispetto a fattispecie ad esse omogenee, ed evidenzierebbero vuoti di tutela, per l’assenza nell’elenco di casi in cui non si configurerebbero atti successivi mediante l’impugnazione dei quali si possa recuperare l’impugnazione del ruolo e della cartella non notificati”. La disciplina de qua non è ritenuta irragionevole arbitraria, perché “asseconda non soltanto l’esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall’emissione delle cartelle, e al cospetto dell’inattività dell’agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso” e “assicura comunque tutela anche al contribuente, e nonostante la struttura impugnatoria del processo tributario, nei casi in cui ne ravvisa il bisogno, ossia qualora vi sia lo specifico pregiudizio ivi contemplato”. Manifestamente infondati sono stati ritenuti anche i dubbi concernenti i profili di discriminazione, giacché “la selezione dei pregiudizi operata dal legislatore è espressione di discrezionalità non irragionevole, in quanto identifica una coerente serie di rapporti con la pubblica amministrazione, di modo che la ponderazione che ne risulta è espressione di attenzione rivolta anche ai risvolti applicativi e di un bilanciamento effettuato in concreto”.

Le questioni sollevate dal Giudice di Pace di Napoli.

Il Giudice rimettente non condivide quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2022 perché ravvisa una violazione degli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione.

Secondo il Giudice di Pace di Napoli la novella comprimerebbe eccessivamente il diritto di difesa, non essendo sufficienti le 3 eccezioni che consentono l’immediata impugnazione del ruolo a coprire l’ampio novero delle ipotesi in cui il contribuente ha interesse ad agire: ad esempio, in caso di impugnazione del preavviso di iscrizione ipotecaria o di fermo amministrativo difficilmente il giudice adito può esprimersi sulla domanda cautelare entro 30 giorni e ciò fa sì che il contribuente debba subire gli effetti pregiudizievoli di tali misure.

L’applicazione della novella ai processi pendenti determinerebbe inoltre una lesione dell’affidamento legittimamente sorto nei consociati e un trattamento irragionevolmente discriminatorio per i contribuenti che non operano con la Pubblica Amministrazione.

Infine sarebbe stato violato l’art. 77 Cost., giacché la novella sarebbe stata introdotta con un decreto legge privo dei requisiti di necessità ed urgenza.

Vedremo se la Consulta riterrà fondate le censure formulate dal Giudice di Pace di Napoli, se ne correggerà la mira con un’ordinanza di autorimessione oppure se riporterà indietro le lancette della legislazione avallando l’interpretazione costituzionalmente orientata elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2015.

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