201402.16
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Imprese e crediti verso lo Stato: una buona notizia nel Destinazione Italia (forse)

Nella legge di conversione del d.l. “Destinazione Italia” (d.l. n. 145 del 2013) c’è un emendamento che potrebbe dare una boccata di ossigeno alle imprese. L’uso del condizionale è d’obbligo: le vicende dell’iter parlamentare e il contenuto della nuova disciplina impongono di frenare l’entusiasmo, perché il bicchiere può essere sì mezzo pieno, ma di amaro veleno.

Le vicissitudini dell’emendamento sono piuttosto tormentate. L’idea appartiene al Movimento 5 Stelle: alla Camera i deputati pentastellati hanno infatti ottenuto che fosse introdotta per il 2014 la sospensione delle cartelle esattoriali a favore di imprese titolari di crediti verso la Pubblica Amministrazione. Chiamata a esprimere il proprio parere in sede consuntiva, la Commissione Bilancio ha invece proposto la soppressione della misura, sostenendo – su indicazione della Ragioneria Generale dello Stato – che avrebbe comportato minori entrate prive di copertura finanziaria. Nel testo riformulato dell’art. 12, comma 7 bis, d.l. n. 145 del 2013 – approvato dalla Camera l’11 febbraio con 321 voti favorevoli, 119 contrari e 1 astenuto – la sospensione è stata sostituita con la compensazione tra i debiti iscritti a ruolo e i crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali. La legge di conversione è all’esame delle Commissioni riunite Finanze e Industria in Senato (atto Senato n. 1299). Entro lunedì 17 febbraio possono essere depositati ordini del giorno ed emendamenti, ma la necessità di convertire il decreto legge entro il 22 febbraio impedirà nuove modifiche. È anzi verosimile che il Governo che si sta formando in questi giorni ponga la sua prima fiducia proprio in occasione della votazione in aula.

Vediamo ora il contenuto della disciplina. La compensazione opera soltanto per il 2014. Stringenti sono i suoi presupposti: da un lato il debito iscritto a ruolo deve essere pari o inferiore al credito, dall’altro il credito maturato nei confronti della Pubblica Amministrazione deve essere non soltanto certo (la sussistenza del diritto non è controversa e il bene oggetto dell’esecuzione è individuato in maniera precisa) liquido (l’ammontare è quantificato espressamente o quantificabile con un mero calcolo aritmetico) ed esigibile (il diritto non è sottoposto a termine o condizione e può essere fatto valere in giudizio), ma anche certificato mediante apposita procedura sulla piattaforma telematica ministeriale. Ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze – da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – è demandato il compito di stabilire le modalità di compensazione e di individuare gli aventi diritto.

Si è detto che la sospensione delle cartelle esattoriali è stata rimpiazzata dalla compensazione con i crediti verso la Pubblica Amministrazione. Cui prodest? Ne beneficiano innanzitutto le imprese: mentre la sospensione è un semplice congelamento della riscossione per il 2014, la compensazione estingue il debito non impegnando liquidità e consente loro di vedere i propri crediti soddisfatti senza attendere i tempi biblici della Pubblica Amministrazione. Il nuovo assetto è ancor più vantaggioso per lo Stato, il quale prende due piccioni con una fava. Il primo beneficio può essere individuato guardando allo Stato come ad un comune creditore che, da un lato, si sbarazza di un credito certo e, dall’altro, può contabilizzare come riscosso un debito il cui pagamento poi tanto certo non è. Questo provvedimento costituisce inoltre un diversivo rispetto alle contestazioni mosse dalla Commissione Europea che proprio nei giorni scorsi ha annunciato l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese.

Quali sono gli aspetti negativi? Il primo è dato dall’incertezza sui tempi di emanazione del decreto attuativo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha 3 mesi a sua disposizione, ma deve anche smaltire un arretrato di più di 800 provvedimenti necessari per rendere operanti altri interventi normativi promossi sotto i governi Monti e Letta (dal bonus per i nuovi nati al fondo di garanzia per i mutui prima casa). Se il decreto non fosse approvato in tempi rapidi, la compensazione si rivelerebbe come l’ennesimo provvedimento di facciata da utilizzare in conferenza stampa per creare (o mantenere) consenso ma concretamente non operativo. Il tempo scorre invece inesorabile e i suicidi degli imprenditori in crisi sono ormai quasi quotidiani.

Un’altra criticità si annida nel contenuto del decreto attuativo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non soltanto stabilirà le modalità per la compensazione, ma individuerà anche gli aventi diritto: ciò vuol dire che una articolazione del Governo potrà introdurre ulteriori limitazioni alla compensazione invocando la necessità di rispettare l’equilibrio della finanza pubblica. È quindi concreto il rischio che in nome di esigenze di bilancio il novero delle imprese beneficiarie sia ridotto con un tratto di penna senza che le opposizioni possano esercitare il loro legittimo ruolo di controllo. Rimarrà soltanto polvere di (5) stelle?

Aggiornato il 17 febbraio 2014 ore 17,00
Le critiche al Destinazione Italia – su cui abbiamo soffermato l’attenzione nel post di ieri – si diffondono anche tra le associazioni imprenditoriali. Dopo le prime osservazioni formulate da Confcommercio nei giorni scorsi, anche la CNA stigmatizza la scelta di trasformare in compensazione la sospensione per il 2014 delle cartelle esattoriali per le imprese creditrici dello Stato. In un post su Facebook di oggi, l’Ufficio Politiche Fiscali rileva che, mentre il blocco della procedura di riscossione avrebbe garantito liquidità alle imprese, la compensazione non produrrà alcun vantaggio immediato per gli operatori economici ammessi a beneficiarne perché il provvedimento s’innesta su altri di analoga portata. La compensazione inoltre non compromette le casse pubbliche: ciò giustificherebbe anche il maggior distacco con cui la Ragioneria Generale dello Stato sembra aver accolto la modifica.

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