201302.07
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Cass., sez. trib., 7 febbraio 2013, n. 2908 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25445/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE VESPUCCI FIRENZE SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 71/2008 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE, depositata il 29/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/11/2012 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.


Svolgimento del processo


01. Con atto presentato il 13 e notificato il 17 novembre 2009, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, contro la sentenza della CTR – Toscana che, in data 29 settembre 2009, ha accolto l’appello della Soc. immobiliare Vespucci Firenze, già C.P.F., annullando gli avvisi di accertamento emessi dal fisco per maggiori imposte dirette.

02. Era accaduto che:

a) riguardo all’anno d’imposta 1999, l’ufficio aveva recuperato a tassazione maggior valore per oltre 72 milioni di vecchie lire, operando una minor svalutazione della partecipazione nella Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C. riconosciuta in deduzione del reddito d’impresa della Soc. C.P.F.;

b) riguardo agli anni d’imposta 1998 e 1999, l’ufficio aveva recuperato a tassazione interessi attivi su preteso finanziamento della soc. C.P.F. alla controllata Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C..

03. Il giudice d’appello, in primo luogo, ha rilevato l’assenza in atti di taluni documenti (contratto di appalto; atto di postergazione; delibere delle società controllante e controllata).

04. In secondo luogo, riguardo alla presunzione di finanziamento dalla contribuente alla società controllata e al recupero a tassazione dei conseguenti interessi legali, il giudice d’appello, premesso che la Soc. C.P.F. aveva rilevato in appalto lavori dalla Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C. e che questa si era impegnata a pagare interessi di mora in caso di ritardo nel saldo delle relative fatture, ha affermato che, per problemi finanziari della controllata, non erano stato emessi SAL e fatture, mentre l’appaltatrice aveva regolarmente contabilizzato i corrispettivi maturati ai fini delle imposte dirette. Sicchè la postergazione del credito vantato dalla Soc. C.P.F. verso la controllata Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C., concordato con altra creditrice (EFIBANCA), aveva realizzato nient’altro che un forma di garanzia per permettere alla committente debitrice di onorare la sua esposizione verso l’istituto finanziatore.

Ha aggiunto, in proposito che, riguardo all’ipotetico finanziamento della contribuente controllante alla controllata, la norma tributaria non poteva regolare i rapporti commerciali e l’autonomia decisionale degli imprenditori e ma solo sanzionare violazioni fiscali “attraverso prove certe ed inconfutabili”.

05. In terzo luogo, riguardo alla svalutazione della quota di partecipazione nella Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C. derivato da maggior perdita della controllata per errata imputazione all’esercizio di tutti gli oneri finanziari, ha affermato che la norma tributaria obbliga l’imputazione all’esercizio di tutti gli oneri finanziari solo per le immobilizzazioni; mentre, nella fattispecie, siccome la controllata produceva beni-merci, la norma tributaria non dettava alcuna regola.

06. L’intimata Soc. Immobiliare Vespucci Firenze (già C.P.F.) non svolge attività difensiva.


Motivi della decisione


07. Con il primo motivo, denunciando vizi motivazionali, la ricorrente si duole dei rilievi del giudice d’appello circa la mancanza in atti del contratto di appalto tra la contribuente controllante e la controllata Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C. e dell’atto di postergazione del credito vantato dalla contribuente controllante verso la controllata sino alla esazione e alla soddisfazione del credito della soc. EFIBANCA verso la stessa controllata.

Fa presente, in proposito, che le parti salienti dei due atti erano riportate nel p.v.c. regolarmente prodotto in giudizio e che i fatti ivi documentati erano pacifici tra le parti.

Lamenta, inoltre, l’insufficiente motivazione circa la non decisività di tali fatti, peraltro considerati atomisticamente e non nel loro complesso.

08. Con il correlato secondo motivo, denunciando violazioni di norme di diritto cod. civ. art. 2729; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 41 bis, la ricorrente lamenta che il giudice d’appello ha erroneamente affermato, riguardo alla postergazione del credito vantato dalla contribuente controllante verso al controllata Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C., che il fisco può rettificare i dati riportati in dichiarazione esclusivamente in presenza di prove certe e incontrovertibili, senza poter sindacare le modalità con le quali la parte contribuente esercita la propria autonomia negoziale.

Richiama, in proposito, sia la rilevanza peculiare attribuita dalla legge tributaria alle presunzioni semplici nell’attività di accertamento, sia gli approdi della giurisprudenza di legittimità sul significato rivelatore dei comportamenti obiettivamente antieconomici della parte contribuente.

09. I due motivi sono fondati e vanno trattati congiuntamente.

In materia tributaria, è consolidato il principio che l’abuso del diritto, nel cui ambito rientrano quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto interno o comunitario, siano mirate principalmente a ottenere benefici fiscali contrastanti con la “ratio” delle norme che introducono il tributo, è nozione che trova il suo fondamento nell’art. 53 Cost. (conf. da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012). Inoltre, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), non impedisce, pure in presenza di contabilità formalmente regolare, l’accertamento in rettifica, che presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e tuttavia contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, connesse all’obiettiva antieconomicita del comportamento del contribuente, a sua volta sintomatico di possibili violazioni fiscali e di indici di ricchezza rappresentativi di una capacità contributiva non dichiarata (Sez. 5, Sentenza n. 1821 del 09/02/2001; Sez. 5, Sentenza n. 7680 del 25/05/2002).

10. Tanto premesso, vanno esaminate le questioni inerenti al contratto di appalto tra la contribuente controllante e la committente controllata e al patto di c.d. postergazione del credito tra la contribuente controllante e l’istituto creditore della stessa controllata.

Si tratta di documenti non allegati in giudizio ma solo riprodotti, quanto alle parti salienti, nel processo verbale di constatazione esibito nel giudizio di merito; sennonchè, essendo il processo verbale di constatazione dotato di fede privilegiata, ove si voglia contestare la veridicità di quanto ivi riprodotto, si deve proporre querela di falso. Nella specie non solo ciò non è avvenuto, ma non ce ne stato bisogno, atteso che la Soc. Immobiliare Vespucci Firenze, già C.P.F., non ha mosso alcuna contestazione sul punto e in particolare sulla obiettività dei fatti che, documentati negli atti parzialmente riprodotti nel processo verbale di constatazione, sono da ritenersi sostanzialmente pacifici.

11. Orbene, prendendo le mosse dalla ricostruzione della normativa in materia, si osserva che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 41, stabilisce che sono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti, compresa la differenza tra la somma percepita alla scadenza e quella data a mutuo o in deposito.

L’art. 42 prevede che (i) il reddito di capitale è costituito dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo d’imposta, senza alcuna deduzione; (ii) per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto; (iii) se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo d’imposta; (iv) se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.

L’art. 56 chiarisce che gli interessi, anche se diversi da quelli indicati all’art. 41, comma 1, lett. a) e b), concorrono a formare il reddito per l’ammontare maturato nell’esercizio; mentre, se la misura non è determinata per iscritto, gli interessi si computano al saggio legale.

12. Come si è detto, per fondare le proprie rettifiche, il fisco deve dimostrare l’esistenza di elementi e circostanze rivelatori di maggior imponibile (C. 10802/02, 4857/01, 1821/01).

Ciò può fare sulla base di presunzioni semplici, ma tali presunzioni devono cogliere il reale senso economico dell’operazione, onde desumerne la ricaduta fiscale.

La ragione giustificativa dell’azione di finanza è, nella specie, rappresentata da una sequenza di fatti pacifici:

a) il rapporto di controllo societario tra contribuente creditrice la debitrice controllata;

b) l’esistenza tra loro di un contratto di appalto con previsione d’interessi moratori al tasso bancario medio in caso di ritardato saldo delle fatture dei SAL oltre il termine di sessanta giorni;

c) la mancata emissione delle fatture con contabilizzazione dei ricavi ai fini delle imposte dirette come rimanenze finali;

d) la grave esposizione finanziaria per svariati miliardi di vecchie lire della controllata verso EFI-BANCA;

e) la contemporanea esposizione anche della controllante verso il ceto bancario;

f) l’accordo tra la soc. C.P.F., controllante, e la EFIBANCA, creditrice della controllata per mutuo in corso, riguardo ai crediti della prima “a maggior garanzia del pagamento di tutte le somme che per capitale, interessi ed accessori saranno dovute a codesto Ente da C.I.C. s.r.l.”.

13. Il giudice di merito avrebbe potuto e dovuto agevolmente cogliere l’evidente nesso logico e circostanziale tra tali elementi, rivelatori del reale intento economico della complessa operazione.

Essa, di fatto, ha congelato l’esigibilità del cospicuo credito vantato dalla controllante per l’appalto con la controllata.

Il che, anche in funzione del patto con la principale creditrice EFIBANCA, ha dato luogo agli effetti economici di un vero e proprio finanziamento a lungo termine a favore della controllata, con presunzione di onerosità al saggio legale e tassabilità dei relativi interessi capo alla controllante.

14. Sul punto va ricordato che nella prova per presunzioni soccorre la valutazione complessiva di tutti gli elementi per dedurne che essi sono concordanti e la loro combinazione è in grado di fornire una valida presunzione semplice.

Ne deriva che è errata la decisione d’appello che, nella specie, ha negato valore indiziario a plurimi elementi pacificamente acquisiti in giudizio e agevolmente in grado di acquisire valenza indiziaria ove valutati nella loro univoca sintesi logica, poichè ognuno rafforza e trae vigore dall’altro in rapporto di vicendevole completamento (Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012, Rv. 622995).

Il procedimento argomentativo del giudice d’appello trascura, invece, tali essenziali snodi giuridici e motivazionali.

15. Con gli altri due motivi, la ricorrente affronta il tema della svalutazione della quota di partecipazione della società contribuente alla Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C..

In particolare, con il quarto motivo, denunciando violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 1, lett. b), – sostiene che il giudice d’appello erra nel ritenere che una società avente come oggetto sociale la realizzazione di opere edili, l’acquisto, la costruzione, la ristrutturazione, la vendita e la eventuale gestione anche parziale di beni immobili, come la Soc. Costruzioni Immobiliari Cavour – C.I.C., non sia tenuta a capitalizzare gli interessi passivi relativi ai finanziamenti concessi per la ristrutturazione di un immobile ai sensi dell’art. 76 cit., in quanto detti finanziamenti si riferirebbero a beni/merce e non a beni strumentali per l’esercizio dell’impresa.

Invece, l’Agenzia ricorrente ritiene che, ai sensi dell’art. 61, non è affatto legittima la svalutazione di una partecipazione in ragione dell’erronea determinazione da parte delle società partecipata della perdita di esercizio per avvenuta imputazione, nel periodo d’imposta, degli interessi passivi in conto esercizio di competenza anzichè procedere alla loro capitalizzazione ai sensi dell’art.76 cit..

16. Il “decisum” del giudice d’appello, attraverso i rilievi su “imputazione degli oneri finanziari solo per le immobilizzazioni” e su “società controllata che produce beni-merci”, è giuridicamente errato. Il D.P.R. n. 917 del 1986,art. 76, comma 1 – lett. b), – nel testo vigente “ratione temporis” – stabilisce: “Si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Tuttavia per i beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonchè gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto; per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione”.

17. Dunque la distinzione tra beni strumentali per l’esercizio dell’impresa e immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa non v’è sostanziale differenza nel trattamento fiscale che comprende gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione. Sul punto è consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui:

“In tema di determinazione del reddito d’impresa delle imprese di costruzioni edili, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 1, lett. b), la valutazione dei fabbricati in corso di costruzione va effettuata imputando a costi non solo gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti ed utilizzati per l’acquisizione di beni strumentali all’esercizio dell’impresa, ma anche gli interessi passivi su finanziamenti per la costruzione dei predetti fabbricati” (Sez. 5, Sentenza n. 10448 del 02/07/2003; Sez. 5, Sentenza n. 15981 del 14/11/2002; Sez. 1, Sentenza n. 11795 del 30/10/1992).

18. Quanto esposto va correlato con il combinato disposto degli artt. 9 e 61, nel testo vigente “ratione temporis”, secondo cui, (a) da un lato non v’è tassazione per trasparenza nei rapporti controllante/controllata introdotta solo dalla L. delega n. 80 del 2003 art. 4, comma 1, lett. h); cfr. artt. 115 e 116 TUIR nuovo testo; v. D.M. 23 aprile 2004, (b) dall’altro il valore normale è determinato per le quote di società non azionarie, in proporzione al valore del patrimonio netto della società. Dunque, mancando un sistema di tassazione analogo a quello dettato dall’art. 5 TUIR per le società di persone e i suoi soci, la mera comunanza di presupposti fattuali tra l’accertamento dei redditi della società controllante e la valutazione della quota della società controllata non ridonda in litiscosnsorzio tributario tra le due compagini e non determina alcuna necessità di “simultaneus processus” così come di simultaneo accertamento fiscale.

19. Accolto il quarto motivo, resta assorbito il terzo circa la compatibilita del ragionamento giuridico del giudice d’appello rispetto alle tesi svolte dalla società contribuente sempre sulla questione della svalutazione della quota di partecipazione nella Soc. Costruzioni immobiliari Cavour – C.I.C..

20. In conclusione, accolto il ricorso nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio e la domanda introduttiva va respinta. Questa Corte ritiene, infatti, di poter decidere immediatamente nel merito, ai sensi del novellato art. 384 c.p.c. “La Corte, quando accoglie il ricorso… decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriore accertamenti di fatto”, dovendosi raccogliere la sollecitazione – di dottrina e giurisprudenza (v. C. 55/2009; cfr. anche 781/1997 e 6951/2010) – proveniente dal precetto costituzionale della “ragionevole durata” del processo. Si deve, infatti, ritenere che la Corte possa decidere nel merito pure quando accolga anche un motivo per vizio motivazionale, se oggetto di tale vizio – da solo o, come nella specie, correlato ad altro mezzo per violazione di legge – sia l’attribuzione di significato a dati documentali, pacificamente acquisiti al processo e regolarmente portati al suo esame. In tale ipotesi generale e nella fattispecie specifica, impregiudicato il principio del controllo su correttezza giuridica e coerenza logico- formale delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (SU 13045/1997), l’accertamento diretto del fatto è se la ricostruzione della situazione di fatto rilevante si riveli come uno sbocco pronto e univoco (C. 8137/12 e da 11962 a 11965/12).

21. Accolto il ricorso, segue la condanna della contribuente alle spese del presente giudizio di legittimità (V. SU 17405/12).

Il peculiare evolversi della vicenda processuale nei gradi di merito fa stimar equa la compensazione delle relative spese.


P.Q.M.


Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa senza rinvio la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente che condanna alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 12.500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2013