202106.04
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Cass., sez. trib., 4 giugno 2021 (ord.), n. 15615 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27962/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

  • ricorrente –

contro

CONSORZIO AGRARIO DI RAVENNA – SOC. COOP. a.r.I., rappresentato e difeso, dagli avv.ti Claudio Martino (fax n. (OMISSIS) – claudiomartino.ordineavvocatiroma.org) e Arcangelo Guzzo (fax n. (OMISSIS) – arcangeloguzzo.ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliato nello studio degli avvocati Martino e Guzzo in Roma, Via Antonio Gramsci, n. 9. – controricorrente –

la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, n. 635/16/2014, pronunciata il 27.1.2014 e depositata il 31.3.2014 Udita la relazione svolta in Camera di Consiglio del 26 febbraio 2021 dal consigliere Dott. Giuseppe Saieva.

Svolgimento del processo

che:

  1. Il Consorzio Agrario di Ravenna, soc. coop. a.r.l., presentava ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ravenna avverso la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate a seguito del controllo formale della dichiarazione dei redditi per il periodo di imposta 2005, eseguito D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis in relazione al tardivo versamento del secondo acconto Irap, con conseguente irrogazione della sanzione nella misura del 30% dell’imposta dovuta.
  2. Avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale adita, che accoglieva il ricorso, ritenendo non sanzionabile il rilievo consistente nella tardiva presentazione della delega di pagamento, l’Ufficio proponeva appello che la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna rigettava, con sentenza n. 635/16/2014 depositata il 31.3.2014, nella considerazione che il tributo risultava pagato nei termini di legge, mediante compensazione con pari importo scaturente dal credito Iva risalente all’anno 2004 e che l’unica tardività era quella di presentazione della delega di pagamento a saldo zero; tardività che tuttavia il contribuente aveva sanato con l’istituto del ravvedimento operoso, pagando la sanzione D.Lgs. n. 241 del 1997, ex art. 19, comma 4.
  3. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui il consorzio resiste con controricorso.
  4. Il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 26 febbraio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..

Il controricorrente nel termine di cui all’art. 378 c.p.c., ha depositato una memoria, insistendo nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni.

Motivi della decisione

che:

  1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrare deduce violazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 e del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 3 conv. in L. n. 156 del 2005 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ritenendo che nella specie il pagamento effettuato mediante compensazione era avvenuto in ritardo rispetto al termine di scadenza e, dovendosi escludere l’applicabilità del ravvedimento operoso, risultava legittima l’irrogazione della sanzione nella misura di un terzo del tributo tardivamente corrisposto, mentre i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto che, in base ai principi civilistici, la compensazione operasse automaticamente, al momento della coesistenza dei due controcrediti con effetto ex tunc, e che, quindi, la violazione imputata al contribuente fosse meramente formale, sicchè, alla scadenza del termine per il pagamento dell’Irap, il debito risultava già sanato, anche se la relativa dichiarazione era stata effettuata solo in data successiva.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la C.T.R. ritenuto inammissibile, in quanto motivo di appello nuovo, l’assunto dell’agenzia sulla presenza di “inesattezze in merito al credito utilizzato per compensare il debito Irap”.

  1. Il ricorso va accolto essendo fondati entrambi i motivi dei quali – per priorità logica – va preliminarmente esaminato il secondo, relativo, alla inammissibilità (ritenuta dalla C.T.R.) della “censura dell’ufficio sulla presenza di inesattezze in merito al credito utilizzato per compensare il debito Irap, sollevata solo nell’atto di appello”.

2.1. Questa Corte ha chiarito che, in tema di contenzioso tributario, si ha domanda nuova, inammissibile in appello, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, per modificazione della causa petendi, quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema d’indagine e di decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 5, 23/07/2020, n. 15730; Cass. Sez. 5, 16/02/2012, n. 2201).

2.2. Il fatto che in appello l’ufficio abbia dedotto ulteriori considerazioni a sostegno del proprio assunto circa l’asserita debenza dell’imposizione, non amplia il thema decidendum, ma implica il supporto di precisazioni che non mutano l’ambito della contestazione della pretesa.

2.3. Conseguentemente poichè nella specie le censure dell’ufficio sulle inesattezze in ordine al credito vantato dal contribuente avevano natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, si appalesa del tutto insussistente la ritenuta inammissibilità (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. 5, 9/01/2021, n. 765; Sez. 5, 23/07/2020, n. 15730).

  1. Quanto all’altro motivo di ricorso, l’affermazione della C.T.R. secondo cui nella specie risulterebbe tardiva solo la presentazione della delega e non il pagamento del tributo, in quanto il contribuente, alla data di scadenza del pagamento dell’obbligazione tributaria, vantava già un credito nei confronti dell’Erario e ben poteva quindi far valere la compensazione a termini di legge, si pone in contrasto con i principi generali che regolano la disciplina delle modalità di estinzione delle obbligazioni civili e tributarie. In particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 il pagamento mediante presentazione di delega (modello F24 “a saldo zero”), al fine di compensare un precedente credito, è una modalità di pagamento che, in quanto tale, deve avvenire nel rispetto dei termini di legge previsti per ogni imposta. Ciò in quanto la compensazione di crediti tributari non avviene in maniera automatica, ma solo in forza dl una precisa scelta del contribuente, che potrebbe anche optare per la non utilizzazione immediata del credito o per il versamento di altri tributi ovvero per chiederne il rimborso (v. Cass. Sez. 5, 07/03/2019, n. 6645).

3.1. Tale principio, per costante giurisprudenza di questa Corte, non può considerarsi superato in virtù della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 8, comma 1, (Statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002 (cfr. Cass., Sez. 5, 05/07/2017 n. 16532).

3.2. Al riguardo questa Corte ha chiarito che “in tema di accertamento delle imposte, la compensazione fra crediti e debiti tributari, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 si fonda sul versamento, anche a saldo zero, del modello F24, sicchè non può operare in base alla mera indicazione dei relativi debiti e crediti nella dichiarazione dei redditi, in assenza della delega di versamento F24” (Cass. Sez. 6-5, 16/12/2016, n. 26086); questa Corte ha inoltre precisato che il D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 estende la possibilità di estinguere l’obbligazione attraverso la compensazione ai tributi non omogenei e prevede la possibilità di applicare l’istituto della compensazione al momento del versamento unitario di diverse imposte e contributi; detto articolo prevede poi, quanto alle modalità della compensazione, che essa debba risultare “dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” e che debba essere effettuata “entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”.

3.3. In base a tali principi, la presentazione del modello F24, al contrario di quanto affermato dalla C.T.R., non costituisce un mero adempimento formale, ma un mezzo di estinzione dell’obbligazione tributaria con la compensazione di un credito pregresso.

3.4. Va poi osservato che, a norma del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 3, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, “in caso di violazione dell’obbligo di versamento a saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, relativo al periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore dei presente decreto, nonchè dell’obbligo di versamento in acconto o a saldo della medesima imposta, relativo al periodo d’imposta in corso alla predetta data, non si applicano le disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, art. 13 nonchè dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, comma 2, e successive modificazioni”; pertanto, essendo pacifico che, nel caso di specie, è in contestazione il versamento del secondo acconto dell’Irap 2005, oggetto di compensazione, la norma in oggetto non è applicabile.

3.5. Costituisce principio consolidato in materia tributaria che la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, stante il principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione, di rimborso, ed ogni deduzione sono regolate da specifiche ed inderogabili norme di legge.

3.6. Risulta pertanto legittima l’irrogazione della sanzione nella misura di un terzo del tributo tardivamente corrisposto, poichè la compensazione operava solo con il versamento o presentazione dell’F24, nella specie avvenuto in ritardo rispetto al termine di scadenza.

  1. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021