202012.03
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Cass., sez. trib., 3 dicembre 2020, n. 27649 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21645/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

  • ricorrente –

contro

Energy Infrastructure Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e G.F., la prima quale socio unico della Secondasun s.r.l., Terzasun s.r.l. e Quartasun s.r.l., il secondo quale liquidatore delle medesime società, elettivamente domiciliati in Roma, via Sicilia n. 66, presso lo studio Ludovici Piccone & Partners, rappresentati e difesi dall’avv. Rettura Domenico giusta procure speciali in calce al controricorso;

controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 907/06/17, depositata il 7 giugno 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 febbraio 2020 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mastroberardino Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Uditi l’avv. Meloncelli Francesco per la ricorrente e l’avv. Rettura Domenico per la controricorrente.

Svolgimento del processo

  1. Con la sentenza n. 907/06/17 del 07/06/2017, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 1051/02/15 della Commissione tributaria provinciale di Torino (di seguito CTP), che aveva accolto i ricorsi proposti da Energy Infrastructure Group s.r.l. (di seguito EIG s.r.l.) e da G.F., la prima quale socio unico e il secondo quale liquidatore delle estinte Secondasun s.r.l., Terzasun s.r.l. e Quartasun s.r.l., nei confronti di tre dinieghi di rimborso IVA relativamente all’anno d’imposta 2012.

1.1. Come si evince dal provvedimento di diniego di rimborso, trascritto in ricorso, nonchè dalla sentenza della CTR: a) i crediti richiesti riguardavano l’IVA di rivalsa corrisposta al fornitore Siliken Italia s.p.a. (di seguito Siliken) a seguito delle fatture emesse da quest’ultimo in relazione al pagamento di alcuni acconti; b) il contratto tra Siliken e le società committenti veniva, peraltro, successivamente risolto, sicchè la società appaltatrice restituiva l’imponibile versato, ma non anche l’IVA dalla stessa dovuta all’Erario e richiesta alle committenti a titolo di rivalsa.

1.2. La CTR motivava il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate osservando che le cessionarie/committenti avevano diritto, anche a seguito della risoluzione del contratto di appalto tra le stesse e Siliken, alla detrazione (o al rimborso) dell’IVA in ragione della mancata emissione, da parte di quest’ultima, della nota di variazione: invero, l’omessa neutralizzazione della fattura obbligava, in ogni caso, Siliken al versamento dell’imposta liquidata e il cessionario/committente a portare l’IVA corrisposta in detrazione ovvero a chiederne il rimborso, come avvenuto nel caso di specie.

  1. L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
  2. Liquidatore e socio unico delle società estinte resistevano con controricorso e depositavano memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ 4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 19/09/2019 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per essere trattata in pubblica udienza.

Motivi della decisione

Che:

  1. Va pregiudizialmente dichiarata la carenza di legittimazione del liquidatore di Secondasun s.r.l., Terzasun s.r.l. e Quartasun s.r.l., G.F., a chiedere il rimborso dell’IVA corrisposta in rivalsa in nome e per conto delle società estinte e, dunque, a partecipare al presente giudizio.

1.1. Invero, la circostanza, pacifica, che le menzionate società si siano estinte implica la trasmissione del diritto a riscuotere i crediti residui, non rinunciati espressamente o implicitamente dal liquidatore, unicamente ai soci (cfr. Cass. S.U. n. 6070 del 12/03/2013) e, dunque, nella specie, a EIG s.r.l., che ha prontamente provveduto a impugnare i provvedimenti di diniego di rimborso (provvedimenti che, pur riconoscendo l’esistenza dei crediti, si sono limitati ad escludere la legittimazione del creditore al rimborso).

1.2. Ne consegue che l’originario ricorso non avrebbe potuto essere proposto da G.F. nella spiegata qualità, indipendentemente dai poteri eventualmente allo stesso assegnati in sede di nomina, sicchè sul punto la sentenza della CTR va cassata senza rinvio.

1.3. Residua la legittimazione di EIG s.r.l., peraltro incontroversa, a promuovere il presente giudizio e nei confronti della stessa vanno, dunque, esaminati i motivi di ricorso.

  1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18, comma 1, art. 19, comma 1, e 26, commi 2 e 3, , in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che, in caso di annullamento dell’operazione imponibile, legittimata alla richiesta di rimborso dell’IVA corrisposta all’Erario sarebbe unicamente Siliken, poi dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza n. 956 del 18 dicembre 2013, e non anche le società committenti e, quindi, EIG s.r.l., che avrebbero dovuto richiedere il rimborso direttamente all’appaltatrice.
  2. Il motivo è infondato.

3.1. Come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, dal compimento dell’operazione imponibile scaturiscono tre rapporti (cfr. Cass. n. 23288 del 27/09/2018; Cass. S.U. n. 26437 del 20/07/2017): uno, tra l’Amministrazione finanziaria e il cedente, relativo al pagamento dell’imposta; un secondo, tra il cedente e il cessionario, concernente la rivalsa; un terzo, tra l’Amministrazione e il cessionario, relativo alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa.

3.1.1. Si tratta di rapporti che, pur essendo collegati, non interferiscono tra loro e soltanto il cedente ha titolo ad agire per il rimborso nei confronti dell’Amministrazione, la quale, pertanto, essendo estranea al rapporto tra cedente e cessionario, non può essere tenuta a rimborsare direttamente a quest’ultimo quanto dallo stesso versato in via di rivalsa (Cass. n. 14933 del 06/07/2011; Cass. n. 17169 del 26/08/2015).

3.1.2. Al riguardo, la Corte di giustizia ha ripetutamente sottolineato (tra le tante, CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, Farkas) che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purchè i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (in termini, CGUE 15 marzo 2007, causa C-35/05, punto 37, Reemtsma Cigarettenfabriken).

3.1.3. Peraltro, un sistema nel quale, da un lato, il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie l’IVA può chiederne il rimborso e, dall’altro, l’acquirente di tale bene può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del venditore, rispetta i principi di neutralità e di effettività, consentendo all’acquirente, gravato dell’imposta erroneamente fatturata, di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate (CGUE 15 marzo 2007, causa C-35/05, cit., punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata).

3.1.4. E’, dunque, compito degli Stati membri prevedere gli strumenti e le modalità procedurali necessari per consentire a detto acquirente di recuperare l’imposta indebitamente fatturata, in modo da rispettare il principio di effettività; sicchè soltanto se il rimborso risulti impossibile o eccessivamente difficile, il principio di effettività può imporre che l’acquirente del bene in questione sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie (come nel caso di fallimento del venditore: CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, cit.; conf., CGUE 31 maggio 2018, cause C660 e 661/16, KoliroB e Wirti, punto 66).

3.1.5. Il fruitore dei beni o dei servizi può, dunque, ottenere il rimborso dell’imposta illegittimamente versata esperendo nei confronti del cedente o del prestatore un’azione di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (vedi, in tema di IVA, CGUE 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42; e, in tema di accise, CGUE 20 ottobre 2011, causa C94/10, Danfoss).

3.2. Orbene, anche volendosi aderire alla tesi erariale, gli odierni controricorrenti avrebbero diritto al rimborso dell’IVA direttamente dall’Erario, atteso che il soggetto che ha effettuato (o avrebbe dovuto effettuare) il versamento dell’imposta (cioè Siliken) è stato dichiarato fallito, come dedotto dalla stessa Agenzia delle entrate.

3.2.1. Ne consegue che il cessionario, che ha effettuato il pagamento in rivalsa, ha, in ogni caso, il diritto di rivolgersi direttamente all’Amministrazione finanziaria ai fini del rimborso: il recupero del credito nei confronti del cedente fallito sarebbe, infatti, eccessivamente oneroso (per una ipotesi similare si veda CGUE 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, cit., richiamata anche da parte controricorrente in memoria e dal PG in sede di discussione orale).

3.3. Nè vale evidenziare che sia stata posta in essere – come pure si sarebbe potuto e dovuto secondo la prospettazione dell’Agenzia delle entrate – la procedura di variazione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2, atteso che, secondo la Corte di giustizia (CGUE 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, cit., punti 67 e 68), una volta venuta meno l’operazione e in presenza di un mancato rimborso da parte del cedente fallito, sarebbe manifestamente irragionevole costringere il cessionario a: a) rettificare l’operazione, venendo così a disporre di un credito di importo identico a quello che l’Amministrazione finanziaria avrebbe recuperato dal cedente a seguito della rettifica; b) azionare, quindi, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria detto credito al fine di ottenere il rimborso.

  1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, fatti che avrebbero condotto la CTR a valutare l’insussistenza della legittimazione al rimborso da parte delle società cessionarie.
  2. Il motivo è inammissibile.

5.1. Invero, “le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).

5.2. Tali disposizioni si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione successivamente all’11 settembre 2012 (Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 24909 del 09/12/2015; Cass. n. 11439 del 11/05/2018) e, dunque, anche al presente giudizio, introdotto con appello depositato il 08/10/2015, come si evince dalla sentenza impugnata.

5.3. La pacifica presenza di una doppia soccombenza di merito dell’Agenzia delle entrate, sia davanti alla CTP che davanti alla CTR, implica, pertanto, l’inammissibilità della censura motivazionale.

  1. In conclusione, va dichiarata la carenza di legittimazione di G.F., con conseguente cassazione senza rinvio dell’originario ricorso da lui proposto; per il resto il ricorso dell’Agenzia delle entrate nei confronti di EIG s.r.l. va rigettato.

6.1. In ragione delle peculiari questioni di diritto affrontate nella presente controversia, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese di lite, ivi comprese quelle del giudizio di merito che ha coinvolto il liquidatore della società.

6.2. Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile l’originario ricorso proposto da Francesco Gasparini e, nei suoi confronti, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, con compensazione tra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio; rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di Energy Infrastructure Group s.r.l. e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2020