202102.16
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Cass., sez. trib., 16 febbraio 2021 (ord.), n. 3984 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 790-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

  • ricorrente –

Nonchè da:

LANDESTIERSCHUTZVEREIN KARNTEN VEREIN FUR TIER NATURUND UMWELTSCHUTZ, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CRISCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO PASQUINELLI;

  • controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

  • intimata –

avverso la sentenza n. 4639/2016 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 19/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

Svolgimento del processo

  1. L’associazione “Landestierschutzverein Karten Verein fur Tier, Natur und Umweltschutz” impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione con contestuale irrogazione delle sanzioni emesso nei suoi confronti, sul presupposto di poter usufruire delle agevolazioni di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, (esenzione dall’imposta di successione per le associazioni senza scopo di lucro), chiedendo contestualmente, nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, il rimborso delle sanzioni versate in via agevolata del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 17.

La CTP di Roma dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento al diritto alle agevolazioni, riconosciuto dall’ufficio che, nelle more del giudizio, aveva provveduto allo sgravio a seguito della modifica di cui alla L. n. 161 del 2014, art. 8 e accoglieva la domanda di rimborso delle sanzioni pagate dall’ente.

L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione di primo grado, ritenendo l’insussistenza del diritto al rimborso delle sanzioni versate.

La CTR del Lazio rigettava il gravame, alla luce del D.Lgs. n. 472 del 1997, disposto dell’art. 19, secondo il quale “se in esito alla sentenza la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l’ufficio deve provvedere al rimborso entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza”.

Avverso la sentenza n. 4639/2/16, depositata il 19 luglio 2016, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

La società contribuente resiste con controricorso e ricorso incidentale.

Motivi della decisione

  1. La ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la suindicata sentenza per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 17 e dei principi espressi dalla Corte di giustizia UE sull’applicazione delle sanzioni (sent. Equoland C- 273/13 pubblicata il 17.07.2014); per avere i giudici regionali ignorato che, ai sensi del cit. art. 17, è ammessa la definizione agevolata con il pagamento di un terzo delle sanzioni irrogate”, nonchè del medesimo D.Lgs., disposto dell’art. 3, il quale prevede che, salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile; se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo, il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato.

Deduce, altresì, l’ente ricorrente che una volta aderito alla definizione agevolata delle sanzioni, il rapporto controverso sulle sanzioni si esaurisce e diventa intangibile rispetto alla posteriore abrogazione della norma impositiva o all’esito favorevole per il contribuente del giudizio di impugnativa avverso l’atto impositivo.

  1. La contribuente ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale con cui deduce violazione degli artt. art. 112 e 91 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR dichiarato, in motivazione, di condannare l’agenzia delle Entrate al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio, mentre nel dispositivo ha disposto la condanna relativa al solo giudizio di gravame.
  2. Il ricorso principale è destituito di fondamento.

Le norme citate in rubrica che escludono la ripetibilità delle sanzioni versate, concernono l’ipotesi in cui il contribuente abbia aderito alla definizione agevolata. Il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità afferma che “In materia di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il versamento della somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile, effettuato del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 17, comma 2, definisce irrevocabilmente ogni questione inerente l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, precludendo all’amministrazione finanziaria di irrogare maggiori sanzioni ed al contribuente di ripetere quanto già pagato” (v. Cass. n. 25577 del 27/10/2017; n. 18740/2015; n. 26740 del 2013).

Nella presente fattispecie, invece, la definizione della lite non è avvenuta alla stregua del D.Lgs. n. 472 del 1997, vale a dire secondo la definizione agevolata di cui all’art. 17 cit., ma in virtù dello sgravio della pretesa tributaria disposto dalla medesima amministrazione finanziaria che aveva riconosciuto che la natura di associazione di diritto austriaco all’ente contribuente lo esonerava dall’obbligo di versare l’imposta di successione. Di conseguenza l’obbligo giuridico dell’ente finanziario di rimborsare le somme versate a titolo di sanzioni origina dall’annullamento della pretesa tributaria.

  1. Il ricorso incidentale non supera il vaglio di ammissibilità.

La CTR del Lazio ha difatti condannato l’ufficio alla refusione delle spese del doppio grado, liquidando “complessivamente” i compensi in Euro 1.830,00, oltre accessori.

In tema di condanna alle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte interamente vittoriosa ovvero che non risultino ingiustificatamente derogati i minimi tariffari o disattesa la nota spese, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di quantificare le spese del doppio grado di giudizio con l’indicazione di un importo complessivo. (Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 17145 del 22/07/2009, Rv. 609130 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25270 del 01/12/2009, Rv. 610742 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv. 645187 – 01).

Nel caso, all’esame, l’ente contribuente non ha censurato il capo della decisione sotto il profilo della violazione dei minimi tariffari, con la conseguente reiezione della doglianza.

  1. Il ricorso principale va, in conclusione, rigettato, e quello incidentale dichiarato inammissibile.

In considerazione della reciproca soccombenza, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del resistente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto. Rilevato che risulta soccombente la parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello proposto in via incidentale.

Compensa le spese del giudizio;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto della Corte di cassazione, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021