201603.30
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Cass., sez. trib., 30 marzo 2016, n. 6108 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8816-2009 proposto da:

SINCROTONE TRIESTE CONSORTILE SPA, in persona dell’Amm.re Delegato, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato LAURA TRICERRI, rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO DISO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2007 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE, depositata il 19/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DISO che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Sincrotone Trieste società consortile per azioni impugnò il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso per versamenti effettuati a titolo di ravvedimento operoso, relativi agli anni d’imposta 1999 e 2000, fondata sia sulla mancanza di coscienza e volontà, che sulla obiettiva incertezza interpretativa delle norme che regolavano la materia, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6 e L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3.

L’istanza era fondata sull’applicazione del regime tributario transitorio nei confronti della contribuente, cui, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 370 del 1999 veniva riconosciuta la natura di società di interesse nazionale ex art. 2461 c.c., con conseguente inquadramento tra gli enti non commerciali.

La questione concerneva, in particolare, il regime tributario, nella fase transitoria, dei contributi in conto capitale ricevuti in precedenza dall’ente, che potevano essere stati accantonati a riserva, in sospensione d’imposta, oppure rateizzati in quote costanti nei periodi d’imposta successivi.

La contribuente chiese al riguardo chiarimenti all’Agenzia delle Entrate la quale, con la risoluzione n. 78/E del 31.5.2001, precisò che il passaggio dal regime fiscale delle società commerciali a quello delle società di interesse nazionale, con inquadramento tra gli enti non commerciali, imponeva la tassazione dei contributi oggetto di rateizzazione, con una variazione in aumento nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata sotto il regime anteriore.

A seguito di detta risoluzione la Sincrotone rideterminò il reddito imponibile per l’anno 1999, versando, a partire dall’ottobre 2001 le maggiori imposte dovute e le sanzioni in misura ridotta a titolo di ravvedimento operoso.

La CTP respinse il ricorso e la CTR confermò integralmente la sentenza di primo grado.

La CTR, in particolare, ha affermato che la risoluzione del Ministero delle Finanze era intervenuta prima che venisse effettuato il pagamento di contributi e sanzioni ridotte in conseguenza del ravvedimento operoso, con la conseguenza che all’epoca dei versamenti non esisteva una situazione di incertezza interpretativa.

Rilevava inoltre che non sussistevano comunque i presupposti per l’applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, che faceva riferimento esclusivamente alle sanzioni irrogate dall’Amministrazione, mentre nel caso in esame la parte aveva fatto ricorso al ravvedimento operoso.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente.

L’Agenzia resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso la contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando l’impugnata sentenza sotto due distinti profili, e cioè:

– per non aver ravvisato la mancanza di coscienza e volontà di commettere una violazione di natura fiscale D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 3, nel comportamento della contribuente, la quale versò le imposte di conguaglio sull’ultima dichiarazione presentata sotto il vecchio regime tributario e le relative sanzioni, adeguandosi alle istruzioni impartite dall’Agenzia delle Entrate.

Per non aver ravvisato l’esimente dell’obiettiva incertezza interpretativa ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 e L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, in quanto la normativa introdotta dalla L. n. 370 del 1999, che prevedeva l’inquadramento della contribuente tra le società di interesse nazionale, e quindi tra gli enti non commerciali, non disciplinava adeguatamente il regime transitorio.

Le due censure,che in ragione dell’ intima connessione vanno trattate unitariamente, sono destituite di fondamento.

Il versamento di sanzioni in misura ridotta a titolo di ravvedimento operoso, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 13, infatti, se non produce alcun effetto preclusivo in ordine ad un eventuale accertamento da parte dell’Ufficio (Cass. 24424/2008) costituisce, al contrario, causa ostativa al rimborso di quanto versato a tale titolo da parte del contribuente, laddove l’istanza di rimborso sia fondata, come nel caso di specie, sulla carenza del presupposto sanzionatorio.

Deve al riguardo rilevarsi che la mancanza di colpevolezza D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 5 e la causa esonerativa di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10 rilevano e possono essere invocate dal contribuente nel solo caso di sanzioni inflitte dall’Amministrazione, ma non anche quando il pagamento della sanzione, in misura ridotta, usufruendo in tal modo di misura agevolativa, sia frutto di una scelta del contribuente medesimo, che abbia fatto ricorso al c.d. ravvedimento operoso.

Una volta che si sia perfezionata la fattispecie di ravvedimento operoso è precluso al contribuente, analogamente a quanto affermato da questa Corte con riferimento alle ipotesi di definizione agevolata cui questi abbia spontaneamente aderito (ex multis Cass. Ss.Uu. 14828/2008 e Cass. 4566/2015, 1967/2012), la ripetizione di quanto versato, con conseguente inammissibilità della relativa istanza, salvo il caso di errori formali essenziali e riconoscibili.

Il ravvedimento operoso, infatti, implicando riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della relativa sanzione, è incompatibile con la successiva istanza di rimborso della sanzione versata, in quanto detta istanza si pone in insanabile contraddizione con la scelta spontaneamente effettuata dallo stesso contribuente.

Il ricorso va dunque respinto.

Considerata la peculiarità della vicenda e le ragioni della decisione, sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2016