201710.18
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Cass., sez. trib., 18 ottobre 2017 (ord.), n. 24537 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MONTAGNI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5845/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.V., elettivamente domiciliata in ROMA VIA VICO GIAMBATTISTA 22, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FRUSCIONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE PROCIDA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3/2012 della COMM.TRIB.REG. del Lazio SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 12/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI.

Svolgimento del processo

1. E.V., soda al 10% della società E. s.a.s. di E.C., impugnava l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che era stato emesso per l’anno 2004, con il quale era stato determinato un maggior reddito societario da ripartire tra i soci pro quota e quindi accertato, per il predetto anno, un reddito di partecipazione di Euro 42.048,00, a fronte di quello dichiarato di Euro 8.604,00.

2. Con sentenza n. 166/01/2009 la CTP di Latina rigettava il ricorso della parte E.V..

3. A seguito di appello, la CTR del Lazio, sezione staccata di Latina, riformava la pronuncia di primo grado, annullando l’accertamento. Osservava la Commissione che i giudici di primo grado, rilevato che l’accertamento nei confronti della società era divenuto definitivo per mancata impugnazione, avevano rigettato l’unico motivo di doglianza, cioè a dire la nullità dell’avviso per carenza di motivazione. La CTR considerava che l’appellante aveva rilevato che il PVC redatto nei confronti della società non le era stato mai notificato nè era stato allegato all’atto impugnato.

4. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, chiedendo che la sentenza impugnata venga cassata.

5. La parte contribuente ha proposto controricorso. Ha depositato memoria, insistendo per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. L’Agenzia delle Entrate premette che il ricorso ha ad oggetto un avviso di accertamento D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5, a carico di socia di società di persone, fondato su un avviso di accertamento (divenuto definitivo per mancata impugnazione) a carico della società e, in particolare, la questione relativa alla motivazione per relationem dell’avviso stesso. Ciò posto, l’esponente deduce i seguenti motivi di ricorso.

1.1 Con il primo motivo, viene denunciata la violazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 bis e 42, della L. n. 212 del 2000, art. 7, e dell’art. 2261 c.c..

L’esponente osserva che il giudice di merito ha annullato l’atto impositivo emesso nei confronti della socia E.V., accogliendo l’eccezione difensiva del difetto di motivazione dell’atto impugnato. Osserva che la statuizione è giuridicamente errata per violazione delle norme sopra indicate. La parte rileva: che l’accertamento nei confronti della socia scaturisce dall’accertamento notificato il 19.03.2008 in capo alla società, divenuto definitivo per mancata impugnazione; che nell’anno di imposta in contestazione E.V. era socia della società; che l’avviso si fonda, a sua volta, sul PVC del 21.02.2007, di cui la parte possiede copia.

La parte ricorrente richiama il contenuto dell’atto impositivo e rileva che erroneamente la CTR ha ritenuto che l’Ufficio avesse l’onere di allegare l’avviso di accertamento della società accertata, atteso che ciò che rileva è che l’atto richiamato sia conosciuto o conoscibile dal contribuente. Considera che nel caso di specie la parte era consapevole delle ragioni di fatto e di diritto poste alla base della pretesa impositiva; sottolinea che la circostanza che sia stata successivamente dismessa la qualità di socio non imponeva all’Ufficio ulteriori allegazioni; e rileva che il reddito di partecipazione del socio accomandante costituisce un reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dei metodi adoperati dalla società per realizzarli. A conforto degli assunti, l’esponente richiama un precedente giurisprudenziale che ha affermato la legittimità dell’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii per relationem a quello relativo ai redditi della società, solo a quest’ultima notificato.

1.2 Con il secondo motivo viene dedotto il vizio motivazionale in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In via gradata, la parte rileva che la decisione impugnata si basa su motivazione apparente, o insufficiente, posto che la CTR si è limitata ad affermare l’esistenza del vizio di motivazione dell’atto impositivo. Osserva che, nel caso, erano state evidenziate circostanze che contrastano con l’affermata mancata conoscenza da parte della socia dell’atto propedeutico all’atto impositivo impugnato, anche in considerazione del contenuto delle difese svolte in giudizio dalla contribuente, indicative della conoscenza effettiva dell’oggetto dell’accertamento societario.

Sulla scorta di tali rilievi, parte ricorrente chiede che la sentenza impugnata venga cassata.

2. Nel controricorso E.V., dopo aver ripercorso i termini dell’intera vicenda processuale, evidenzia l’inammissibilità del primo motivo di ricorso. Al riguardo, osserva che il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è denunciabile per cassazione quando, in relazione al fatto accertato, la doglianza riguardi l’erronea interpretazione della norma e non, come nel caso, la valutazione effettuata dal giudice di merito sui fatti rilevanti ai fini della decisione. Rileva che l’Agenzia delle Entrate, pur formalmente lamentando l’errata applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, chiede una nuova valutazione delle ragioni di fatto in base alla quali la CTR ha riconosciuto il vizio di motivazione dell’atto impugnato; ed osserva che l’Agenzia delle Entrate insiste nel rilevare che il PVC era conosciuto o conoscibile da parte della contribuente. In via subordinata, nel controricorso si sottolinea l’infondatezza del primo motivo di ricorso. L’esponente si sofferma sul disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, (Statuto dei diritti del contribuente) ove è previsto che gli atti dell’amministrazione finanziaria siano motivati secondo quanto prescritto della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3; con la precisazione che, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Considera che, nel caso in questione, l’avviso di accertamento della contribuente rinviava all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, che a sua volta rinviava al processo verbale di constatazione mai notificato alla contribuente, socia accomandante che aveva dismesso la propria partecipazione sin dal 2 agosto 2007. E rileva che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’avviso di accertamento notificato alla contribuente era effettivamente carente sotto il profilo motivazionale, in quanto rinviava alle risultanze di indagini svolte nei confronti della società, di cui la contribuente non aveva avuto nessuna conoscenza, sin dalla data di inizio della verifica fiscale. Nel controricorso si osserva che priva di fondamento è anche l’affermazione formulata dalla Agenzia delle Entrate, basata sulla definitività dell’accertamento in capo alla società; ciò in quanto la giurisprudenza ha chiarito che il socio di società di persone è legittimato a ricorrere avverso la pretesa fiscale notificatagli in relazione al reddito di partecipazione, nonostante l’intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario. La parte rileva che correttamente la CTR ha considerato che neppure il giudice aveva avuto la possibilità di risalire ai motivi concreti posti alla base dell’avviso impugnato; e considera del tutto inconferente l’arresto giurisprudenziale richiamato dalla Agenzia delle Entrate. Ribadisce che, nel caso, non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 2261 c.c., posto che E.V. al momento della notifica dell’avviso di accertamento non era più socia della E. sas.

2.1 La parte contribuente evidenzia l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso. Al riguardo, l’esponente rileva che il vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura – esclusivamente – quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontabile una obiettiva lacuna, o la deficienza nell’iter logico ovvero l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti; e non quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti dal giudice agli elementi delibati. Rileva che correttamente la CTR ha rilevato che l’avviso di accertamento notificato alla contribuente era affetto da vizio di motivazione, posto che il processo verbale di constatazione redatto nei confronti della società non era mai stato notificato alla parte, nè allegato agli avvisi a lei notificati, ovvero riprodotto nel suo contenuto essenziale, nè depositato in giudizio. Considera infine irrilevante il rapporto di parentela che lega la parte al rappresentate legale della società e socio accomandatario all’epoca della verifica.

E.V. chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

3. Procedendo all’esame congiunto dei motivi di ricorso, se ne rileva la fondatezza.

La CTR, nella sentenza impugnata, evidenzia che l’accertamento nei confronti di E.V., socia al 10% della Società E. sas di E.C., scaturisce dall’accertamento emesso nei confronti della predetta società (e notificato nel marzo del 2008 alla socia stessa), sulla base di PVC di cui la parte trovava copia.

Non di meno, la CTR omette di considerare che l’atto impositivo nei confronti della società, divenuto definitivo in quanto non impugnato, era nella sfera di conoscenza di E.V., atteso che l’avviso di accertamento era stato notificato alla società e che la prevenuta faceva parte della compagine societaria, nell’anno oggetto dell’accertamento. Viene infatti in rilievo l’insegnamento espresso dalla Corte regolatrice, in base al quale si è chiarito che, in tema di imposte sui redditi, l’obbligo di motivazione degli atti tributari, come disciplinato dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, è soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii “per relationem” a quello riguardante i redditi della società, ancorchè solo a quest’ultima notificato, giacchè il socio, ex art. 2261 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25296 del 28/11/2014, Rv. 633305 – 01).

Pertanto, E.V., se pure aveva ceduto la propria quota societaria alla data della notifica dell’accertamento nei confronti della società, aveva la possibilità di consultare la relativa documentazione e di prendere visione anche dell’accertamento presupposto. E la diversa prospettiva, dalla quale muove il ragionamento del giudice di appello, che ha ritenuto integrata la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, risulta errata, posto che l’obbligo motivazionale che grava sull’Amministrazione ben può essere soddisfatto dall’avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii “per relationem” a quello relativo ai redditi della società, ancorchè solo a quest’ultima notificato, giacchè il socio, a norma del citato art. 2261 c.c., ha la possibilità di prendere visione dell’accertamento presupposto.

Rafforza il convincimento rilevare che, nel caso di specie, la parte contribuente ha sviluppato argomenti difensivi, nel corso del procedimento, che impingono il merito della pretesa dell’amministrazione finanziaria; si tratta di argomenti che, logicamente valutati, palesano la concreta conoscenza, in capo alla contribuente, del contenuto dell’atto propedeutico all’atto impositivo impugnato.

4. In conclusione, per quanto detto, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata, vulnerata dalle evidenziate aporie motivazionali, viene cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017