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La giustizia tributaria nel prisma dei principi europei

Il processo tributario: alle soglie della riforma?”

convegno organizzato dal
Centro di Diritto Penale tributario
in collaborazione con
AIGA – Associazione Italiana Giovani Avvocati – Sezione di Genova
e con il patrocinio di
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova,
Consiglio dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Genova
e Fondazione “Bruno Buozzi”

Lunedì 29 marzo 2021

La giustizia tributaria nel prisma dei principi europei”

Avv. Leda Rita Corrado

Avvocato del Foro di Genova
Dottore di ricerca in Scienze Giuridiche presso l’Università degli studi di Milano – Bicocca
Associato Centro di Diritto Penale Tributario
Dirigente AIGA – Associazione Italiana Giovani AvvocatiSezione di Genova
Componente Dipartimento di Diritto Tributario della Fondazione AIGA “Tommaso Bucciarelli”
Associato ANTI – Associazione Nazionale Tributaristi Italiani
Associato IFA Italia – Società per lo studio dei problemi fiscali – Sezione Italiana dell’International Fiscal Association

Sommario: 1. Dal dovere tributario al diritto tributario: una rivoluzione culturale. – 2. Giustizia Tributaria e processo di integrazione giuridica europea: i principi europei di parità delle parti, terzietà e imparzialità. – 3. Le criticità del processo tributario. – 4. (Segue) La trattazione scritta “coatta” viola i principi del “giusto processo”. – 5. Le criticità dell’ordinamento giudiziario tributario. – 6. (Segue) La proposta di legge Coletti-Viscomi (AC 2283). – 7. Conclusioni.

1. Dal dovere tributario al diritto tributario: una rivoluzione culturale.

La riforma della Giustizia Tributaria deve essere realizzata nella consapevolezza del ruolo strumentale del diritto tributario rispetto alla tutela del benessere comune.

Garantire il benessere sociale è lo scopo del diritto tributario: questo settore dell’ordinamento giuridico riunisce le regole in base alle quali la ricchezza dei consociati viene trasferita alle organizzazioni pubbliche cui è demandato il compito di fornire servizi alla collettività (sanità, istruzione, sicurezza, difesa ecc.). Tra contribuenti e organizzazioni pubbliche esiste un rapporto sinallagmatico: sui primi incombe un dovere inderogabile di solidarietà economica, mentre sulle seconde grava il compito di garantire il benessere della collettività (cfr. art. 2 Cost.) 1.

L’architettura del sistema tributario è fondamentale per la gestione della πόλις: gli obiettivi della “giusta imposta” da prelevare e quelli – strumentali al primo – del “giusto procedimento” attraverso cui riscuoterla e del “giusto processo” mediante il quale ottenere tutela giurisdizionale devono essere perseguiti alla luce del principio di uguaglianza e del canone di ragionevolezza, suo corollario.

2. Giustizia Tributaria e processo di integrazione giuridica europea: i principi europei di parità delle parti, terzietà e imparzialità.

Obiettivo del presente intervento è quello di individuare le principali criticità della Giustizia Tributaria alla luce dei principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e di quelli cristallizzati nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Nella cultura giuridica europea è in atto un processo di integrazione ormai inarrestabile. La circolazione dei modelli giuridici e di criteri esegetici paneuropei 2 viene realizzata ad opera della dottrina, della giurisprudenza 3 e della legislazione 4.

Questo fenomeno è evidente nell’art. 111 Cost., il cui testo evoca palesemente quello dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: infatti i commi 1 e 2 scandiscono le garanzie del c.d. “giusto processo” imponendo che ogni processo si svolga “nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”.

La rilevanza di tali principi per la Giustizia Tributaria è confermata dal fatto che la prima questione di legittimità costituzionale esaminata dalla Consulta assumendo come parametro il riformato art. 111 Cost. ha riguardato l’assetto ordinamentale delle Commissioni Tributarie 5.

Come si tenterà di meglio dimostrare nel prosieguo della trattazione, l’intervento del Legislatore sull’ordinamento giudiziario è prioritario rispetto a quello sul processo tributario, perché le disfunzioni della Giustizia Tributaria verosimilmente dipendono più dal primo corno della questione che dal secondo. Per entrambi le criticità riscontrate possono essere risolte con interventi mirati e tali da non stravolgere l’impianto complessivo.

3. Le criticità del processo tributario.

A titolo meramente esemplificativo si indicano a seguire due profili rispetto ai quali potrebbe essere attuato un intervento di adeguamento del processo tributario rispetto ai principi europei.

L’art. 7, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, rubricato “Poteri delle commissioni tributarie”, consente alle Commissioni Tributarie di chiedere relazioni a organi incardinati o collegati con la parte pubblica. Tale disciplina si caratterizza per un evidente stridore rispetto ai principi di imparzialità e terzietà, giacché essi investono non soltanto la figura del giudice, ma anche quella dei suoi ausiliari 6.

L’art. 22, commi 1 e 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 impone al ricorrente di costituirsi in giudizio entro 30 giorni dalla notifica del ricorso a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio anche nel caso in cui la parte resistente si sia costituita. A sua volta l’art. 23, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede che la costituzione in giudizio del resistente avvenga entro 60 giorni dalla notifica del ricorso: secondo la giurisprudenza di legittimità, il superamento di tale termine determina soltanto la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, dovendo riconoscere alla parte resistente il diritto, garantito dall’art. 24 Cost., sia di difendersi, negando i fatti costitutivi della pretesa attrice o contestando l’applicabilità delle norme di diritto invocate dal ricorrente, sia di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi dell’art. 58 del medesimo decreto 7. È evidente l’asimmetria tra la posizione del ricorrente e quella del resistente – specie assumendo come tertium comparationis la disciplina di cui all’art. 171 c.p.c. – e la conseguente lesione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e dei principi del contraddittorio e della parità delle armi ex art. 111 Cost. 8.

4. (Segue) La trattazione scritta “coatta” viola i principi del “giusto processo”.

Spostando la disamina dalla disciplina ordinaria del processo tributario a quella introdotta per far fronte alla pandemia da COVID-19, non può non menzionarsi l’art. 27 del c.d. “Decreto Ristori”.

Al fine di tutelare la salute pubblica fino alla cessazione dello stato di emergenza nazionale da COVID-19, l’art. 27, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni nella l. 18 dicembre 2020, n. 176, dispone che le udienze pubbliche e camerali partecipate possano svolgersi con collegamento da remoto, previa autorizzazione del Presidente della Commissione Tributaria (Provinciale o Regionale, secondo la rispettiva competenza) mediante decreto motivato. Le controversie fissate per la trattazione in pubblica udienza sono decise sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione; nel caso in cui non sia possibile utilizzare le modalità telematiche, si procede mediante trattazione scritta, vale a dire con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell’udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell’udienza per memorie di replica, mentre, se tali termini non possono essere rispettati, la controversia è rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta.

Con la delibera n. 1230/2020 il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha approvato all’unanimità specifiche linee guida al fine di uniformare sul territorio nazionale l’attuazione della descritta disciplina. Ciononostante i difensori tributari devono quotidianamente fare i conti con le diverse modalità di svolgimento delle udienze autorizzate dalle varie Commissioni Tributarie nei decreti presidenziali, il cui testo è consultabile nelle pagine dedicate a ciascuna di esse sul portale della Giustizia Tributaria. In alcuni casi si prevede obbligatoriamente la trattazione scritta per tutte le controversie, in altri casi limitatamente alle liti il cui valore ex art. 12, comma 2, secondo periodo, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 non superi un certo ammontare (come, ad esempio, quello di € 20.000,00 previsto dall’art. 70, comma 10 bis, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione alla composizione del collegio cui sia demandato il giudizio di ottemperanza).

Pur essendo astrattamente condivisibile il rilievo secondo cui il valore della lite possa costituire un utile parametro di riferimento nella individuazione di controversie di maggior importanza, non si può non osservare che né l’art. 27 del c.d. “Decreto Ristori” né la delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria n. 1230/2020 prevedono criteri quantitativi di tal specie per limitare il novero dei procedimenti in relazione ai quali le udienze pubbliche di discussione e le udienze camerali partecipate possano svolgersi con collegamento da remoto. Se, inoltre, è vero che la delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria n. 1230/2020 menziona il valore della lite tra i criteri di valutazione alla base della scelta che ci occupa, è altrettanto vero che tale criterio costituisce solo uno dei plurimi parametri proposti (insieme a rilevanza, novità, complessità della questione, numero di documenti e “quant’altro ritenuto utile”) ai fini della diversa problematica relativa alla valutazione delle istanze di discussione orale. Corre, inoltre, l’obbligo di rilevare che le indicazioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, pur costituendo un atto di indirizzo utile al fine di rendere quanto più possibile uniforme a livello nazionale la concreta operatività delle Commissioni Tributarie, da un lato non hanno alcuna efficacia cogente e possono, pertanto, essere legittimamente disattese ove non condivise nel merito, dall’altro non sono suscettibili di applicazione massiva, ma necessitano di essere adattate alle specificità del singolo procedimento attraverso l’attento esame del fascicolo istruttorio da parte del Collegio giudicante.

A ciò si aggiunga che l’art. 16, comma 4, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2018, n. 136, prevede che per la concreta attuazione delle udienze mediante collegamento da remoto sia necessaria e sufficiente la mera istanza di parte, senza demandare alcuna ulteriore valutazione al Collegio giudicante. È di tutta evidenza che adottare una diversa soluzione per i soli procedimenti trattati nel corso dell’emergenza sanitaria da COVID-19 determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento rispetto a tale tertium comparationis. Tali rilievi trovano conferma a livello sistematico anche nell’art. 33, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove si prevede che la discussione in pubblica udienza sia determinata dalla mera istanza di “almeno una delle parti”, senza che le altre parti possano proporre opposizione e senza che il collegio giudicante o il presidente siano chiamati a esprimere una valutazione discrezionale.

Diversamente opinando si determinerebbe una ulteriore limitazione della residuale oralità di un processo già strutturalmente documentale tale da determinare un vulnus di diritti di rango costituzionale – come, ad esempio, il diritto di difesa ex art. 24 Cost., i principi di solidarietà e di capacità contributiva ex artt. 2 e 53 Cost. e il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost. – la cui tutela potrebbe tradursi nell’adozione di plurime iniziative giudiziarie con inevitabile aggravio per il funzionamento del sistema della Giustizia Tributaria nel suo complesso, la compressione dei diritti costituzionali supra menzionati non potendo essere giustificata da problematiche derivanti da insufficienti risorse tecniche e finanziarie messe a disposizione delle Commissioni Tributarie da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Al fine di interpretare l’art. 27 del c.d. “Decreto Ristori” in senso sistematicamente coerente e costituzionalmente conforme, è auspicabile che sia autorizzato lo svolgimento delle udienze pubbliche di discussione e delle udienze camerali partecipate con collegamento da remoto su mera istanza di parte e senza limitazione alcuna, e che sia altresì previsto, nell’ipotesi in cui l’udienza a distanza non sia attuabile, che sia disposto, sempre su istanza di parte, il rinvio a nuovo ruolo ovvero a una data successiva alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria al fine di consentire la discussione in presenza.

Il dialogo tra le parti e il collegio giudicante attuato attraverso la discussione orale – vuoi in presenza, vuoi mediante collegamento da remoto – è essenziale nel giudizio tributario perché consente di far emergere eventuali fraintendimenti e dipanare dubbi in punto di diritto e – soprattutto – di fatto (ad esempio mediante richieste di chiarimenti rivolte dal relatore ai difensori).

L’imposizione della trattazione scritta può pregiudicare la strategia difensiva delle parti, come ha plasticamente statuito il Consiglio di Stato nell’ordinanza del 21 aprile 2020, n. 2539, accogliendo un’istanza di rinvio della trattazione della camera di consiglio cautelare per consentire la discussione orale: secondo i Giudici di Palazzo Spada, “il contraddittorio cartolare «coatto» ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione. […] Il contraddittorio cartolare «coatto» costituirebbe una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo»”, giacché:

– “il comma 2 dell’art. 111 della Costituzione, nello stabilire che il «giusto processo» ‒ qualsiasi processo ‒ debba svolgersi «nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità», impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri”;

– “lo stesso art. 24 della Costituzione ‒ comprendendo, oltre al diritto di accesso al giudizio, anche il diritto di ottenere dal giudice una tutela adeguata ed effettiva della situazione sostanziale azionata ‒ non può che contenere anche la garanzia procedurale dell’interlocuzione diretta con il giudice”;

– quanto all’art. 6, § 1, Cedu (parametro interposto nel giudizio di costituzionalità ex art. 117, comma 1, Cost. secondo le sentenze della Consulta nn. 348 e 349 del 2007), “il divieto assoluto di contraddittorio orale potrebbe rilevarsi un ostacolo significativo per il ricorrente che voglia provocare la revisione in qualsiasi punto, in fatto come in diritto, della decisione resa dall’autorità amministrativa”, mentre, “sotto altro profilo, sarebbe evidente il contrasto con il principio della pubblicità dell’udienza” – con particolare riguardo al contenzioso “altamente tecnico” – perché “l’imposizione dell’assenza forzata, non solo del pubblico, ma anche dei difensori, finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia “segreta”, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico”.

5. Le criticità dell’ordinamento giudiziario tributario.

Come è noto, il contenzioso tributario si caratterizza per la velocità dei gradi di merito, mentre arretrato e durata patologica del processo si manifestano dinanzi alla Corte di Cassazione, ove il rito tributario trova applicazione solo residuale 9.

Il Ministro Cartabia ha condivisibilmente rilevato 10 che 1) sotto il profilo quantitativo, quasi la metà delle pendenze in Cassazione è costituita da ricorsi in materia tributaria 11, 2) sotto il profilo temporale, i tempi di giacenza dei ricorsi in sede di legittimità sono superiori a 3 anni, 3) sotto il profilo qualitativo, la metà circa dei ricorsi in materia tributaria viene accolta 12.

Dall’analisi di queste anomalie si evince che la strozzatura che si manifesta nel giudizio di legittimità è generata dalla quantità e dalla qualità delle sentenze che vengono impugnate.

Se questa è la diagnosi, la patologia non può essere curata con l’introduzione di ulteriori filtri ai motivi di ricorso o di altra restrizione all’accesso al giudizio di legittimità perché il diniego di giustizia potrebbe generare ulteriore contenzioso, collidendo con le garanzie costituzionali ex art. 3, 24, comma 2, 25, comma 1, 101, comma 2, e 111, commi 1 e 7, Cost..

Il trattamento terapeutico deve quindi essere applicato ai giudizi di merito affidato alle Commissioni Tributarie mediante interventi mirati:

  1. sulle norme tributarie processuali (cfr. supra sub § 3) al fine di garantire il rispetto dei principi del contraddittorio e della parità delle armi;
  2. sulle norme tributarie sostanziali, migliorandone l’intelligibilità e la coerenza sistematica al fine di garantire la certezza del diritto;
  3. sull’ordinamento giudiziario tributario, rafforzando la professionalità e l’indipendenza dell’organo giudicante al fine di garantire il rispetto dei principi di imparzialità e terzietà 13.

Il gigantismo del contenzioso tributario potrebbe inoltre essere contrastato garantendo l’effettivo esercizio della funzione nomofilattica da parte della Corte di Cassazione mediante interventi sull’organizzazione della Sezione Tributaria 14 come la sua articolazione in più sottosezioni composte da magistrati specializzati nella materia fiscale, la creazione di una adunanza plenaria delle sottosezioni per la risoluzione dei contrasti interpretativi e l’affidamento alle Sezioni Unite delle sole questioni attinenti al riparto di giurisdizione.

Nella fase transitoria, il contenzioso pendente in sede di legittimità potrebbe essere ridotto mediante un condono limitato alle liti di modico valore 15 e/o l’assegnazione temporanea di magistrati onorari ausiliari alla Sezione Tributaria e alla Sottosezione Tributaria della Sesta Sezione.

A monte di ogni riforma della Giustizia Tributaria è necessario un cambiamento radicale di mentalità. Si tratta di un processo culturale che è già in atto, come dimostra la drastica riduzione del contenzioso tributario, le controversie pendenti nei gradi di merito essendo passate da 720.593 nel 2011 a 335.262 nel 2019. Il minore impatto delle liti fiscali è stato generato dalla diffusione degli strumenti di prevenzione e risoluzione ex ante del contenzioso (interpelli, accordi preventivi per le imprese con attività internazionale, regime di adempimento collaborativo et cetera) e degli strumenti di compliance (comunicazioni di anomalie, ravvedimento operoso et cetera).

La digitalizzazione del processo ha contribuito a rendere più efficiente la Giustizia Tributaria, anche se permane la criticità rappresentata dall’affidamento della gestione tecnico-giuridica del Processo Tributario Telematico al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ulteriore obiettivo da perseguire è quello relativo alla uniformazione delle norme tecniche dei processi telematici almeno per gli ambiti più strettamente riconducibili al Codice di Procedura Civile (civile, amministrativo e tributario).

6. (Segue) La proposta di legge Coletti-Viscomi (AC 2283).

Una delle più recenti proposte di legge per la riforma della Giustizia Tributaria è quella d’iniziativa dei deputati Colletti e Viscomi (AC 2283), formulata al fine di ridurre il contenzioso gravante sulle Commissioni Tributarie e sulla Corte di Cassazione garantendo la qualità delle sentenze.

Con la proposta di legge de qua si intende rinnovare il legame fiduciario che deve sussistere tra istituzioni e contribuenti in uno stato di diritto nella dichiarata consapevolezza delle implicazioni economiche e sociali della Giustizia Tributaria 16.

Il pregio della proposta di legge Coletti-Viscomi risiede anche nella volontà di avviare una riforma che sia conforme al c.d. “giusto processo” in maniera tale da adeguare l’attuale assetto della Giustizia Tributaria ai principi del contraddittorio e della parità delle armi, nonché di terzietà e indipendenza del giudice, al fine ultimo di garantire la certezza del diritto e contrastare fenomeni patologici e corruttivi.

Articolo 1, lettere a, b ed e.
Il progetto prevede che sia conferita una delega al Governo per l’adozione di decreti legislativi per la riforma della Giustizia Tributaria mediante la soppressione delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, l’attribuzione al giudice ordinario dei relativi procedimenti e l’istituzione di sezioni specializzate in materia tributaria presso i Tribunali e le Corti di Appello.
Questa proposta desta alcune perplessità. Dal punto di vista operativo, si determinerebbe un aggravio nel carico di lavoro di una struttura già oggi assai ingolfata. Dal punto di vista funzionale, le specificità della materia fiscale e dei relativi giudizi mal si adattano alla forma mentis propria di chi – appartenente alla magistratura ordinaria o al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie – tratta quotidianamente la materia civile. Il giudizio tributario si avvia mediante l’impugnazione di un atto emesso da una Pubblica Amministrazione all’esito di una istruttoria amministrativa ed è finalizzato alla verifica della conformità dell’azione della Pubblica Amministrazione al paradigma legale sotto il duplice profilo della legittimità e della fondatezza della pretesa erariale. La condotta del contribuente rileva solo in via mediata rispetto al duplice sindacato che è necessario attuare, dovendo essere acclarata, da un lato, per la verifica della sussistenza dei presupposti per l’azione accertatrice e, dall’altro, per testare la tenuta della ricostruzione cristallizzata dall’Amministrazione finanziaria. L’obbligazione tributaria ha caratteri che la distinguono dalla obbligazione civilistica. A ciò si aggiungano i tecnicismi che caratterizzano la materia tributaria e che rendono necessarie competenze extra-giuridiche (ad esempio economiche o aziendalistiche) che l’esperienza nel settore civile non può far maturare in maniera uniformemente diffusa tra gli operatori giudiziari.
Non è neppure praticabile la soluzione alternativa di collocare le liti fiscali sotto la giurisdizione speciale amministrativa, per la marcata discrezionalità che la caratterizza.
La soluzione che appare preferibile è quella del mantenimento della giurisdizione speciale tributaria e della creazione di una magistratura tributaria professionale. Ciò consentirebbe di intervenire con norme di cesello senza stravolgere l’architettura costituzionale esistente e quindi in maniera molto più rapida e operativamente più sostenibile. Inoltre il mantenimento di un rapporto di continuità con i soggetti giudicanti esistenti permetterebbe di fare tesoro del patrimonio culturale già maturato.

Articolo 1, lettere c, d e v.
Non condivisibile è la proposta di sopprimere il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e di attribuirne le funzioni al Consiglio Superiore della Magistratura: si tratta infatti di una modifica che non sarebbe coerente con il mantenimento della giurisdizione speciale tributaria e che determinerebbe notevoli rallentamenti operativi.

Articolo 1, lettere g e h.
La struttura collegiale dell’organo giudicante dovrebbe essere mantenuta.
Ad essa dovrebbe essere affiancato un organo giudicante monocratico per la gestione delle liti di modico valore, con una ripartizione analoga al criterio di valore previsto dall’art. 7 c.p.c. per il riparto di competenza tra Tribunale e Giudice di Pace.

Articolo 1, lettere f e m.
Imparzialità e terzietà del giudice sono perseguite affidando la Giustizia Tributaria a magistrati togati, vale a dire a personale selezionato mediante concorso, con attribuzione del trattamento economico e della progressione di carriera in maniera analoga a quanto avviene per i magistrati ordinari.

Articolo 1, lettere s e t.
La specializzazione dei magistrati nella materia tributaria e in quelle ad essa collegate (giuridiche, economiche, aziendalistiche e ragionieristiche) dovrebbe essere realizzata attraverso corsi di formazione e aggiornamento gestiti dalla Scuola Superiore della Magistratura.

Articolo 1, lettera r.
Il patrocinio dovrebbe essere riservato ai soli avvocati fin dal primo grado di giudizio.
L’apporto conoscitivo di altre categorie di professionisti attualmente abilitati al patrocinio dinanzi alle Commissioni Tributarie dovrebbe poter essere garantito attraverso altri meccanismi, come, ad esempio, un più ampio uso delle consulenze tecniche ex art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Articolo 1, lettera u.
La Giustizia Tributaria dovrebbe interrompere ogni legame organizzativo con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il personale amministrativo delle Segreterie delle Commissioni Tributarie dovrebbe pertanto transitare nei ruoli del personale dell’Amministrazione giudiziaria ed essere assegnato alla corrispondente qualifica funzionale.

Articolo 1, lettera aa.
Gli attuali componenti delle Commissioni Tributarie dovrebbero transitare nel nuovo autonomo ruolo della magistratura tributaria mediante concorso.

7. Conclusioni.

Norme costituzionali e obblighi internazionali impongono che la riforma della Giustizia Tributaria sia realizzata in conformità ai principi del c.d. “giusto processo”.

I punti essenziali di intervento riguardano l’ordinamento giudiziario tributario e possono essere sintetizzati come segue:

  1. mantenimento della giurisdizione speciale tributaria e del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria;
  2. introduzione di un organo giudicante monocratico per la gestione delle liti di modico valore;
  3. creazione di una magistratura tributaria professionale e specializzata (selezione concorsuale; trattamento economico e progressione di carriera analoghi ai magistrati ordinari; formazione e aggiornamento);
  4. riserva del patrocinio ai soli avvocati;
  5. passaggio del personale amministrativo delle Segreterie delle Commissioni Tributarie dal Ministero dell’Economia e delle Finanze al Ministero della Giustizia;
  6. passaggio della gestione tecnico-giuridica del Processo Tributario Telematico dal Ministero dell’Economia e delle Finanze al Ministero della Giustizia e successiva uniformazione delle norme tecniche dei processi telematici;
  7. potenziamento delle udienze mediante collegamento da remoto attraverso la creazione di una piattaforma proprietaria dedicata;
  8. nuova organizzazione della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (articolazione in più sottosezioni composte da magistrati specializzati nella materia fiscale, creazione di una adunanza plenaria delle sottosezioni per la risoluzione dei contrasti interpretativi e affidamento alle Sezioni Unite delle sole questioni attinenti al riparto di giurisdizione);
  9. condono per le liti di modico valore pendenti in sede di legittimità e/o assegnazione temporanea di magistrati onorari ausiliari alla Sezione Tributaria e alla Sottosezione Tributaria della Sesta Sezione.

1 Luigi Einaudi affermava che, “Mercè l’imposta, lo Stato crea l’ambiente giuridico e politico nel quale gli uomini possono lavorare, organizzare, inventare produrre. […] Non perciò si afferma che tutto il prodotto sociale, tutto il reddito nazionale sia di spettanza dello Stato. Si afferma soltanto che esiste una distribuzione del reddito nazionale annuo che e l’ottima fra tutte: una distribuzione grazie alla quale lo Stato riceve l’imposta, il lavoratore il salario, il risparmiatore l’interesse, l’imprenditore il profitto e il proprietario la rendita; ed ognuno riceve quel che e suo, quel che fu creato da lui, quel che e necessario egli abbia affinché la sua partecipazione all’opera comune sia la massima e la più efficace” (L. Einaudi, Miti e paradossi della giustizia tributaria, Einaudi, Torino, 1938).
Esprimeva la medesima linea di pensiero anche Ezio Vanoni: “Organizzazione economica ed organizzazione politica raggiungono il proprio fine quando creano le condizioni perché l’uomo sia se stesso e possa attuare il proprio destino di perfezione in piena responsabilità e libertà. Le vie per la liberazione dell’individuo dalla miseria e dagli ostacoli materiali che lo inceppano sono di tempo in tempo diversi. Ma il fine di ogni azione nella società resta per noi immutabile: fare in modo che ogni uomo possa liberamente tendere a realizzare la pienezza di vita che risponde alla sua natura, e alla chiamata divina che lo sospinge” (E. Vanoni, La nostra via. Criteri politici dell’organizzazione economica, Seli, Roma, 1947).

2 Nella veste di costituzionalista il Ministro Marta Cartabia ha identificato nella diffusione di valori giuridici comuni il “sintomo di un […] ampio fenomeno di uniformazione a livello europeo di alcuni principi fondamentali, che si realizza tramite un movimento circolare che partendo da alcuni stati membri confluisce verso l’ordinamento comunitario, per poi rifluire, rimodellato dalla Corte di Giustizia, in tutti gli Stati appartenenti alla Comunità” (M. Cartabia, La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo. La legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, 1991, Milano, 9).

3 In realtà non possiamo negare che la Corte di Cassazione ha talora arginato l’espansione dei principi garantistici di matrice europea, come il principio generale del contraddittorio endoprocedimentale (Cass., sez. unite civ., 9 dicembre 2015, n. 24823, in CED Cass., Rv. 637604), e ha consentito la penetrazione di strumenti utili alla tutela della c.d. “ragione fiscale”, come nel caso del divieto di abuso del diritto (Cass., sez. unite civ., 23 dicembre 2008, n. 30055, in CED Cass., Rv. 605850).

4 I principi generali del diritto europeo penetrano nell’ordinamento tributario italiano condizionando sia i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, sia l’esercizio del controllo giurisdizionale sui provvedimenti tributari.
Sotto il primo profilo, per il procedimento amministrativo l’art. 1, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241 prevede espressamente che “l’attività amministrativa […] [sia] retta dai principi dell’ordinamento comunitario”. Anche la l. 27 luglio 2000, n. 212, recante il c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”, risente fortemente della cultura giuridica europea, come emerge ad esempio dal richiamo alla tutela del legittimo affidamento.
Sotto il secondo profilo, per la giustizia tributaria vengono in rilievo l’art. 111 Cost., con il quale le garanzie del giusto processo sono state cristallizzate nell’ordinamento nazionale, e l’art. 117, comma 1, Cost., ove si impone a Stato e Regioni di esercitare la potestà legislativa “nel rispetto […] dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” (cfr. Corte Cost., 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349.).

5 Con l’ordinanza del 19 marzo 2001, n. 81 è stata dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 relativo al potere del Ministro dell’Economia e delle Finanze di determinare e liquidare i compensi dei giudici tributari, sollevate in riferimento all’art. 111 Cost. ipotizzando una lesione dei principi di terzietà ed imparzialità.

6 Secondo la giurisprudenza europea, il perito deve rispecchiare l’indipendenza del Giudice, ritenuta essenziale ai fini di un giudizio equo: infatti “il diritto comunitario osta, allorché conferisce diritti ai singoli, ad una norma nazionale che prescrive […] di designare come perito un agente della pubblica autorità, quando questa si parte in causa” (Corte di Giustizia 10 marzo 1993, causa C-24/92).

7 Cass., sez. trib., 28 settembre 2005, n. 18962, in CED Cass., Rv. 584595; Cass., sez. trib., 2 aprile 2015, n. 6734, ibidem, Rv. 635139; Cass., sez. trib., 31 gennaio 2019 (ord.), n. 2585, ibidem, Rv. 652371.

8 Contra, anche se con una motivazione elusiva, cfr. Corte Cost., 13 dicembre 2019 (ord.), n. 273.

9 Cfr. art. 62, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui “Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto”.

10 M. Cartabia, Linee programmatiche sulla giustizia, 15 marzo 2021, § 5.

11 Nella Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, 69, si legge che “L’esame dei dati statistici della Corte pone ancora una volta in evidenza come la maggior parte delle cause pendenti del settore civile sia riferibile alla materia tributaria. A fine 2020, le pendenze complessive dei giudizi civili in cassazione erano 120.473, di queste ben 53.482 in materia tributaria”.

12 Come rilevato nella Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, 71, “L’analisi scomposta per materie delle decisioni della Cassazione mostra che il numero degli annullamenti di decisioni delle Commissioni tributarie regionali è pari al 45,6%. Si tratta di un dato nettamente superiore a quello degli annullamenti delle decisioni dei giudici civili di secondo grado”.

13 Nella Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, 71, si evidenzia la necessità di consentire ai giudici tributari “di svolgere il loro lavoro a tempo pieno e in via esclusiva al pari di altri giudici specializzati, perché il diritto tributario è ormai uno dei settori più complessi e impegnativi dell’esperienza giuridica e il relativo contenzioso pone problemi di rilevante peso economico e di particolare delicatezza per cittadini, imprese ed erario”.

14 Nella Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2020, 197, si rileva che “Tutto ciò dipende da fattori non contingenti ma strutturali, che possono essere letti secondo una serie di equazioni: quanto maggiore è il numero dei ricorsi tanto maggiore è il numero dei giudici necessari alla Corte; quanto maggiore è il numero dei giudici tanto maggiore è il rischio di decisioni non omogenee o contrastanti tra loro. Si instaura poi un circolo vizioso, perché quanto più le decisioni sono lontane dalla nomofilachia, tanto più il numero dei ricorsi tende ad aumentare: le oscillazioni e contraddizioni giurisprudenziali generano inflazione del contenzioso”.

15 Secondo la Relazione annuale sul contenzioso tributario per il 2019, su 9243 procedimenti iscritti in Cassazione 572 procedimenti hanno valore da 0 a 3.000 euro, 1.416 procedimenti hanno un valore compreso tra 3.000 e 20.000 euro e 1.433 procedimenti ha valore compreso tra 20.000 e 50.000 euro.

16 È forse questo l’implicito significato racchiuso nella sentenza pronunciata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Ferrazzini, ove si legge che “tax matters still form part of the hard core of public-authority prerogatives, with the public nature of the relationship between the taxpayer and the community remaining predominant”.
Quanto alle implicazioni economiche, non può non ricordare che il contenzioso pendente nei giudizi di merito nel 2019 ha raggiunto un valore complessivo pari a 40,6 miliardi di euro. Quanto alle implicazioni sociale, per brevità sia consentito rinviare alle considerazioni formulate nel primo paragrafo del presente intervento.