201505.06
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Cass., sez. trib., 23 dicembre 2014 (ord.), n. 27290 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27191-2008 proposto da:

V. R. C. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI 96, presso lo studio dell’avvocato CAPITANI ROBERTA, rappresentato e difeso dall’avvocato IONADI FRANCO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2007 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO, depositata il 03/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11/11/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.


Svolgimento del processo


1. A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 10.5.2001, in data 16.12.2002 veniva notificato alla società V. R. C. s.r.l. un avviso di rettifica, con il quale l’Ufficio recuperava a tassazione, per l’anno 1997, l’IVA indebitamente detratta su fatture emesse per operazioni ritenute inesistenti.

2. Avverso l’atto impositivo la contribuente proponeva ricorso alla CTP di Vibo Valentia, che lo rigettava.

3. L’appello proposto dalla contribuente avverso la decisione di primo grado veniva, altresì, rigettato dalla CTR della Calabria, con sentenza n. 28/10/2007, depositata il 3/9/2007, con la quale il giudice di seconde cure riteneva che l’eccezione di estinzione del processo, per intervenuta definizione della vertenza ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15, fosse stata tardivamente proposta solo in appello, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e che la pretesa fiscale azionata dall’Ufficio fosse comprovata, alla stregua delle risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.

4. Per la cassazione della sentenza n. 28/10/2007 ha proposto, quindi, ricorso la società V. R. C. s.r.l., affidato a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.


Motivi della decisione


1. Dall’esame degli atti si evince che la società V. R. C. s.r.l., nell’appello proposto avverso la sentenza di prime cure, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti dell’avviso di rettifica notificatole dall’Ufficio per l’anno di imposta 1997, deduceva che, “nelle more del giudizio di primo grado”, la vertenza fiscale era stata definita con ricorso al condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art.15. L’appellante allegava, quindi, la relativa documentazione (l’istanza di definizione e le quietanze dei versamenti eseguiti), e proponeva domanda di estinzione del processo per cessazione della materia del contendere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione finanziaria – nel riportarsi a quanto dedotto on prime cure – deduceva che la domanda di condono non era stata accolta per la sussistenza di una causa ostativa, costituita dall’essere stata esercitata l’azione penale, nei confronti del legale rappresentante della V. R. C. s.r.l., per un reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000. Nella memoria di replica la contribuente ribadiva, quindi, la domanda di estinzione del giudizio, chiedendo che la CTR si pronunciasse sull’ammissibilità della definizione della lite, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15.

2. Con la sentenza n. 28/10/2007, oggetto di ricorso per cassazione, la CTR rilevava che la domanda di condono era stata presentata dalla V. R. C. s.r.l. in data 26.5.2003, che la decisione di primo grado era stata pronunciata il 6.11.2004, e che nel corso del giudizio di primo grado la domanda di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere non era stata mai proposta dalla contribuente. Il giudice di seconde cure riteneva, pertanto, definitivamente preclusa – trattandosi di domanda nuova D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57, vietata nel giudizio di appello – ogni questione relativa all’esistenza ed alla validità dell’istanza di condono, e dichiarava, di conseguenza, inammissibile la domanda di estinzione del giudizio, ai sensi dell’art. 46 del decreto succitato.

Tale statuizione è stata censurata dalla società con i primi due motivi di ricorso.

3. Premesso quanto precede, rileva, tuttavia, il Collegio che, in relazione alla domanda di estinzione della lite per intervenuta definizione nelle diverse forme previste dalla L. n. 289 del 2002, proposta per la prima volta nel giudizio di appello, si riscontra un evidente contrasto nella giurisprudenza di questa Corte.

3.1. Secondo una prima tesi, infatti, costituisce domanda nuova, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, la pretesa fondata sulla presentazione della domanda di condono, fatta valere per la prima volta nel giudizio di seconde cure, nonostante tale fatto costitutivo del diritto si fosse verificato in pendenza del giudizio di primo grado, integrando detta ipotesi mutamento della “causa petendi”, nonchè del “petitum”, in quanto il contribuente chiede la cessazione della materia del contendere, in luogo dell’iniziale richiesta di ottenere l’annullamento dell’atto impositivo impugnato (Cass. 18337/2007; 13488/2009).

3.2. In base ad una diversa impostazione, invece, in tema di condono fiscale ai sensi della L. n. 289 del 2002, nelle varie forme ivi previste, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta. Ne consegue che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, connessa ai riflessi di ordine pubblico nascenti dall’elisione della pretesa impositiva realizzata in virtù dell’adesione al condono, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica eccezione ad opera della parte interessata a farla valere (Cass. 25239/2007; 17142/2008; ord. 3841/2012).

4. Rilevato, pertanto, il suesposto contrasto di giurisprudenza, questa sezione ritiene opportuna la rimessione degli atti al Primo Presidente, perchè voglia valutare l’opportunità di assegnare la causa alle sezioni unite per l’esame della questione controversa, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2.


P.Q.M.


la Corte rimette gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria, l’11 novembre 2014, ed in seconda convocazione, il 25 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2014