201503.20
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Cass., sez. trib., 20 marzo 2015, n. 5649 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4018-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IFF INTERNATIONAL FASHION FACTORS SARL, SOCIETA’ SRL IN CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimati –

nonchè da:

IFF INTERNATIONAL FASHION FACTORS SARL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato FANTOZZI AUGUSTO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANI FRANCESCO giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, SOCIETA’ 22 SRL IN CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimati –

avverso il provvedimento n. 44/2011 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA, depositata il 24/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2015 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS che insiste nell’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIULIANI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.


Svolgimento del processo


Sulla base di p.v.c, con cui si contestava a International Fashion Factors s.a.r.l. (d’ora in poi I.F.F.) con sede in Lussemburgo la sussistenza di “stabile organizzazione” ai sensi dell’art. 5 del Modello di convenzione OCSE, vennero emessi nei confronti di I.F.F. dieci avvisi di accertamento relativi al periodo 2002 – 2006, di cui cinque a fini IVA e cinque ai fini delle imposte dirette, con recupero a tassazione dei proventi dell’attività svolta in Italia ed applicazione delle relative sanzioni (si contestava ai fini delle imposte dei redditi l’omessa dichiarazione dei ricavi realizzati in Italia attraverso la stabile organizzazione e ai fini IVA l’omessa registrazione di operazioni imponibili), e nei confronti di 22 s.r.l.

quattro accertamenti relativi agli anni 2003 – 2006 per omessa applicazione dell’IVA su cessioni alla I.F.F., in quanto qualificabili non come cessioni intracomunitarie a soggetto lussemburghese, ma come ordinarie cessioni interne a stabile organizzazione in Italia di I.F.F.. I ricorsi proposti dalle due società vennero disattesi dalla CTP. La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, disposta la riunione delle cause, accolse parzialmente gli appelli, sulla base della motivazione che segue.

L’inesistenza di una definizione legislativa di stabile organizzazione, e la necessità di fare riferimento al dettato del modello OCSE, fanno sì che siano inapplicabili le sanzioni irrogate si sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 “in quanto l’eventuale violazione è certamente giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della disciplina normativa della stabile organizzazione che, come minimo, è da definirsi carente”. Nel merito, “la decisione impugnata si basa anche sull’importanza del conto corrente acceso presso la Banca Popolare di Ancona ma dalla documentazione prodotta dagli appellanti è emerso che le conclusioni assertive dei primi giudici non erano esatte per cui viene meno uno degli elementi su cui la sentenza si era basata”. Ad avviso della CTR non appare credibile che “il sistema informatico adottato dalla 22 s.r.l. nel periodo maggio 2005 – novembre 2006 abbia sostituito solamente il sistema cartaceo di veicolazione delle informazioni precedentemente in uso; dal punto di vista tecnologico, la sostituzione delle comunicazioni a mezzo corrispondenza e telefax è stato “soppiantato dai sistemi di posta elettronica e non è risultato che il programma adottato fosse un mero gestore di posta elettronica sicchè vi è invece da presumere che esso costituisse un rilevante aspetto della gestione degli affari. Per contro non si comprende invece come un’attività d’impresa a carattere planetario possa essere compiutamente svolta, prescindendo da un moderno server e da un appropriato software, con solo quattro dipendenti e ciò, evidentemente, vale per il periodo precedente all’anno 2005”. Non appare quindi ragionevole sostenere che per il periodo precedente l’anno 2005 tutte le funzioni aziendali, dalla produzione alla vendita, siano state svolte in Italia. La stabile organizzazione è invece configurabile, limitatamente ad alcune fasi aziendali, nel periodo maggio 2005 – novembre 2006. Osserva la CTR che: le dichiarazioni dei dipendenti della 22 s.r.l. offrono elementi per il giudice tributario, in particolare il modello organizzativo adottato era molto vicino a quello tracciato dall’OCSE a proposito di stabile organizzazione;

“l’eventuale applicazione dell’IVA sulle operazioni svolte ne territorio nazionale deve scontare l’imposta nello stesso paese mentre l’invocato diverso regime IVA poteva eventualmente essere applicato solo ove la S.O. avesse posto in essere tutti gli adempimenti previsti dalla legislazione nazionale; in ogni caso le attività caratterizzanti la S.O. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale”; infondata è l’eccezione di illegittimità dell’atto di accertamento per difetto di motivazione essendo il p.v.c. conosciuto dalla parte e legittimo è il rinvio della motivazione al p.v.c. Nell’atto di appello, continua la CTR, si indica che spetta una provvigione del 3% sui volume delle vendite della I.F.F. e che solo un’attività d’intermediazione alta, vale a dire al di sopra di quella spettante alla rete agenti, potrebbe integrare attività svolta dalla stabile organizzazione. Ad avviso della CTR, posto che risultano effettuate ulteriori attività, anche più manuali, rispetto a quelle d’intermediazione, si fissa, determinando l’esistenza della stabile organizzazione per il solo periodo successivo all’installazione del server, nella misura del 5% quanto di pertinenza della stabile organizzazione conteggiato sulle vendite per il periodo maggio 2005 – novembre 2006 (percentuale al netto dei costi e che esprime il recupero da operarsi ai fini delle imposte dirette ed ai fini IVA), dovendosi fissare così il reddito con riferimento alle vendite I.F.F. per il periodo 2004/2005 (computati 8 mesi da maggio 2005 al dicembre 2005) in Euro 900.680,73 e per il periodo 2005/2006 (computati 11 mesi da gennaio 2006 al dicembre 2006) in Euro 1.998.004,90.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di otto motivi. Resistono con controricorso I.F.F. s.a.r.l. e 22 s.r.l. in liquidazione che hanno altresì proposto ricorso incidentale sulla base di dieci motivi.


Motivi della decisione


Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Lamenta la ricorrente che la decisione è affetta da ultra petizione non avendo mai I.F.F., come risultante dal motivo n. 12 dell’atto di appello (riproduttivo dell’originario motivo di ricorso in primo grado), chiesto la disapplicazione da parte del giudice delle sanzioni, ed essendosi limitata ad eccepire l’illegittimità delle sanzioni per vizio di motivazione.

Con il secondo motivo si denuncia, in subordine, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente, con riferimento alla giustificazione della disapplicazione delle sanzioni, che l’art. 162 TUIR, a far data dal 1 gennaio 2004, ha introdotto la nozione di stabile organizzazione e che per il periodo precedente il concetto era ricavabile dal modello di convenzione OCSE (utilizzato dalla giurisprudenza – Cass. n. 7689 del 2002). Lamenta che la CTR non ha valutato se l’applicazione di tali principi portasse ad una disciplina normativa articolata in una pluralità di prescrizioni dal coordinamento difficoltoso (così Cass. n. 14987 del 2009).

Va premesso all’esame dei motivi che I.F.F. ha eccepito l’esistenza del vincolo derivante da giudicato penale di insussistenza del fatto, producendo il relativo documento. La produzione del documento è ammissibile trattandosi di giudicato esterno. L’eccezione è infondata perchè trattasi di giudicato non opponibile. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte nel contenzioso tributario non opera l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione perchè vigono le limitazioni probatorie sancite dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e possono valere presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna (la sentenza penale costituisce quindi semplice indizio od elemento di prova critica in ordine ai fatti in essa eventualmente accertati sulla base delle prove raccolte nel relativo giudizio – Cass. 27 febbraio 2013, n. 4924; 27 settembre 2011, n. 19786; 23 maggio 2012, n. 8129).

Il primo motivo del ricorso principale è fondato. Come affermato da questa Corte (Cass. 24 ottobre 2008, n. 25676; conformi Cass. 20 dicembre 2011, n. 27615 e 23 febbraio 2011, n. 4411), la disapplicazione da parte del giudice delle sanzioni per violazioni di norme tributarie, qualora abbia accertato che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell’interpretazione normativa, è possibile solo se domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati. Ciò implica che il contraddicono sul punto sia stato correttamente introdotto sin dal primo grado di giudizio. Nel controricorso si richiama un passaggio dell’atto di appello nel quale si denuncia la mancanza di cenni alle circostanze essenziali per l’irrogazione della sanzione, quali la colpa o eventuali cause di non punibilità, fra cui le obiettive condizioni di incertezza. La deduzione viola il principio di autosufficienza non avendo la parte indicato se la circostanza in discorso sia stata dedotta fin dal primo grado. In ogni caso, sul piano del merito, si tratterebbe dell’allegazione della mera circostanza di fatto di condizioni di obiettiva incertezza, e non della domanda di disapplicazione delle sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 (la parte deve inoltre allegare nella domanda gli specifici elementi di confusione sul piano del diritto positivo – Cass. 24 luglio 2013, n. 18031).

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.

Con i terzo motivo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Espone la ricorrente che nell’avviso di accertamento erano state evidenziate le seguenti circostanze: la società 22 s.r.l. aveva concesso in uso alla società lussemburghese i locali di sua pertinenza per svolgere l’attività di commercializzazione; unico cliente della 22 s.r.l. era I.F.F. ed entrambe erano riconducigli al gruppo Bikkembergs, I.F.F. titolare del diritto di esclusiva si occupava della commercializzazione dei prodotti, mentre 22 s.r.l. si occupava solo della produzione; presso la sede della 22 s.r.l. vi era personale addetto alle vendite sia della società italiana che di quella estera; esistenza di ordini dei clienti finali della società estera gestiti da personale addetto alle vendite per entrambe le società; esistenza di un conto corrente intestato alla società estera presso la Banca Popolare di Ancona;

presenza dell’anagrafica clienti della I.F.F. presso la società italiana; all’interno della società italiana veniva sviluppata l’attività di gestione delle vendite della I.F.F. attraverso la raccolta degli ordini degli agenti di commercio; presenza di un sito web della I.F.F. per il controllo degli ordini gestito dal personale della 22 s.r.l. con computer presso la sede di quest’ultima. Osserva la ricorrente che, mentre la CTR, attribuendo elevato rilievo al sistema informatico utilizzato da 22 s.r.l., aveva considerato esistente la stabile organizzazione dalla data di realizzazione di tale sistema (maggio 2005), l’Ufficio sulla base delle dette circostanze ne aveva evidenziato nell’atto di controdeduzioni in appello la presenza anche per il periodo precedente, precisando in particolare che il nuovo sistema gestionale aveva semplicemente sostituito la vecchia attività di gestione cartacea di ordini, la quale era nella disponibilità delle dipendenti che avevano dichiarato di essersi occupate della gestione degli ordini sia prima che dopo l’entrata in funzione del sistema web nonchè della commercializzazione del prodotto, anche per ciò che concerneva i resi (dichiarazioni di M.B., C.R., A.G. – quest’ultima aveva dichiarato che solo dal 2007, e quindi dopo la verifica fiscale, alla gestione degli ordini provvedeva I.F.F.); soprattutto considerando che I.F.F. era il cliente unico di 22 s.r.l., era stato quindi dimostrato che 22 s.r.l.

gestiva tutti i clienti della I.F.F. Lamenta la ricorrente che apodittica era l’affermazione secondo cui l’attività non avrebbe potuto essere svolta prima del 2005 da soli 4 dipendenti di 22 s.r.l.

e che non si coglie la logica dell’affermazione secondo cui l’installazione di un sistema informatico con potenzialità evidentemente maggiori della posta elettronica dimostrerebbe che nella fase precedente l’attività sarebbe stata talmente ridotta da non poter configurare una stabile organizzazione. Infine contraddittorio sarebbe il passaggio motivazionale secondo cui “le attività caratterizzanti la s.o. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale” perchè la “più ampia attività di commercializzazione” era elemento preesistente all’introduzione del server.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. Non ricorre l’inammissibilità denunciata nel controricorso per contemporanea denuncia di insufficienza e contraddittorietà della motivazione. E’ ben vero che astrattamente il vizio di insufficienza e contraddittorietà non possono concorrere non essendo logicamente concepibile che una stessa motivazione sia contemporaneamente “illogica”, nonchè “contraddittoria”, e, ancora, “insufficiente” e che è onere del ricorrente precisare quale sia – in concreto – il vizio della sentenza (Cass. 30 marzo 2010, n. 7626).

Nell’articolazione del motivo, in relazione al fatto controverso e decisivo in questione, vengono denunciati però una pluralità di passaggi motivazionali, sicchè i vizi vanno rapportati ai singoli profili della motivazione. Proprio in relazione ai diversi profili della motivazione censurata il motivo si palesa in parte inammissibile ed in parte infondato.

L’insufficienza della motivazione viene denunciata essenzialmente per i mancato rilievo conferito alle dichiarazioni rese dalle dipendenti di 22 s.r.l.. La motivazione, secondo l’assunto di parte ricorrente, non rispecchierebbe il procedimento logico della decisione per la mancata contemplazione delle dichiarazioni delle dette dipendenti, per ciò che concerne l’attività svolta in epoca antecedente la realizzazione del sistema informatico. Qualora, con il ricorso per cassazione, venga dedotta l’incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa (fra le tante Cass. 27 luglio 2009, n. 4849). Nel ricorso le dichiarazioni delle dipendenti sono trascritte solo parzialmente. Mancando l’integrale trascrizione non è possibile valutare la decisività della risultanza di cui si lamenta la non valutazione.

Sul piano dell’illogicità della motivazione si censura il carattere indimostrato dell’affermazione secondo cui l’attività non avrebbe potuto essere svolta prima del 2005, epoca di realizzazione del sistema informatico, da soli 4 dipendenti di 22 s.r.l. e l’incomprensibilità dell’affermazione secondo cui l’installazione di un sistema informatico con potenzialità evidentemente maggiori della posta elettronica dimostrerebbe che nella fase precedente l’attività sarebbe stata talmente ridotta da non poter configurare una stabile organizzazione. Tali conclusioni del giudice di merito non appaiono illogiche ben potendo essere possibile che solo l’adozione di un performante sistema informatico, e non l’attività manuale di quattro dipendenti, possa consentire la gestione di una complessa attività, quale quella che per il giudice di merito configura una stabile organizzazione.

Infine non c’è contraddittorietà nel passaggio motivazionale secondo cui “le attività caratterizzanti la s.o. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di datti, ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale”. Da tale affermazione non può evincersi che la “più ampia attività di commercializzazione” fosse elemento preesistente all’introduzione del sistema informatico nel 2005, solo perchè nel contesto della proposizione rappresenta un elemento ulteriore rispetto alle prestazioni svolte con il sistema informatico. Il senso della proposizione è solo quello di dare contezza della complessità delle attività svolte, ma non entra in contraddizione con la conclusione secondo cui solo l’introduzione di un avanzato sistema informatico ha consentito di configurare la stabile organizzazione.

Con il quarto motivo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Espone la ricorrente di avere evidenziato nelle controdeduzioni in appello che le persone delegate ad operare sul conto corrente erano residenti all’estero, che il conto veniva alimentato attraverso bonifici ed anche versamento diretto di assegni, che la quasi totalità delle distinte di versamento erano state firmate da persona residente a Bruxelles e che le operazioni transitate sul conto, di frequenza giornaliera, ammontavano a quasi novanta milioni di Euro. Aggiunge che nella sentenza di primo grado era stato rilevato che, non potendo la gestione effettiva del conto essere imputabile alle due intestatane residenti all’estero, questa incombenza doveva ritenersi assolta dal personale della società italiana. Lamenta la ricorrente che la CTR non precisa quali siano “le conclusioni assertive dei primi giudici” non corrette e quale la documentazione prodotta dagli appellanti se non le copie di ordini di bonifico a firma di una delle intestatane e le copie di distinte di versamento, laddove la contestazione era che il versamento materiale degli assegni non poteva essere gestito dall’estero.

Il motivo è inammissibile. La censura è incentrata sulla mancata considerazione del versamento “materiale” degli assegni presso gli sportelli della Banca Popolare di Ancona in quanto, si dice, tale operazione non poteva essere gestita dall’estero. Il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito; pertanto il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto (fra le tante Cass. 17 luglio 2007, n. 15952). La ricorrente non ha specificatamente indicato il numero dei versamenti di assegni sul conto. L’incompatibilità della residenza estera dei titolari del conto con la circostanza del versamento degli assegni sul conto non è un dato assoluto ma va valutata in relazione alle circostanze del caso (ad esempio un numero esiguo di versamenti è compatibile con l’occasionale presenza sul territorio nazionale della persona residente all’estero). In mancanza della precisa indicazione de numero di operazioni di versamento compiute non è possibile valutare la decisività della circostanza, e cioè se le operazioni potessero essere imputabili o meno alle titolari residenti all’estero.

Con il quinto motivo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Lamenta la ricorrente che la CTR ha fissato il reddito nella misura della percentuale del 5% delle vendite nonostante avesse sottolineato che il modello organizzativo era molto vicino a quello tracciato dall’OCSE e che “le attività caratterizzanti la s.o. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale”.

Il motivo è inammissibile. La ricorrente censura l’attribuzione di una percentuale (delle vendite) diversa da quella che, in relazione alle circostanze, si sarebbe dovuta attribuire per la determinazione del reddito. Si duole in particolare del fatto che, dopo essere stata sottolineata la vicinanza al modello organizzativo OCSE e l’esistenza di una ampia attività di commercializzazione sul territorio nazionale, la percentuale è stata quantificata nella misura minima del 5%. In tali termini la censura si traduce però in una valutazione di merito in quanto la parte si limita a contrapporre un proprio apprezzamento a quello svolto dal giudice di merito.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La ricorrente ripropone il secondo motivo riferito però a 22 s.r.l. solo “in via cautelativa”, avendo la CTR omesso di pronunciare in ordine all’appello proposto dalla società italiana.

Con il settimo motivo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La ricorrente ripropone il terzo motivo riferito però a 22 s.r.l. solo “in via cautelativa”, avendo la CTR omesso di pronunciare in ordine all’appello proposto dalla società italiana.

Con l’ottavo motivo si denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La ricorrente ripropone il quarto motivo riferito però a 22 s.r.l. solo “in via cautelativa”, avendo la CTR omesso di pronunciare in ordine all’appello proposto dalla società italiana.

Il sesto, il settimo e l’ottavo motivo sono inammissibili. La CTR nella narrativa dei fatti ha menzionato solo l’appello della società lussemburghese (“Ha proposto allora appello la I.F.F. s.a.r.l.” – pag. 2 della sentenza), e non menziona l’atto di appello della società italiana. Aggiungasi che lungo tutto l’arco della sentenza (ivi compreso il dispositivo) non vi sono riferimenti alle cessioni di 22 s.r.l. a I.F.F., da cui sono scaturiti gli accertamenti nei confronti della società italiana. Deve pertanto reputarsi che la CTR abbia pronunciato solo sull’appello di I.F.F.. Stante tale portata della decisione i motivi sono inammissibili in quanto assumono l’esistenza di una pronuncia anche nei confronti di 22 s.r.l. (la stessa ricorrente precisa di avere proposto i motivi di censura solo “in via cautelativa”).

Venendo al ricorso incidentale, con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 162 e 169 TUIR, 5 della convenzione Italia – Lussemburgo e 9 della sesta direttiva comunitaria n. 77/388, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osserva la parte ricorrente che la presenza ed utilizzo di software e server non può di per sè fondare la presunzione della sussistenza di stabile organizzazione ai fini delle imposte dirette perchè ai sensi dell’art. 162, comma 5, TUIR, applicabile in base all’art. 169 TUIR in quanto disposizione più favorevole rispetto alla convenzione che nulla prevede, “non costituisce di per sè stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori elettronici e relativi impianti ausiliari che consentano la raccolta e la trasmissione di dati ed informazioni finalizzati alla vendita di beni e servizi”. Aggiunge che, essendo la raccolta di dati e informazioni attività meramente ausiliare, il server potrebbe configurare la stabile organizzazione solo in presenza di vendita on – line. Osserva inoltre che ai fini IVA la mera presenza di server è insufficiente perchè, sulla base della giurisprudenza comunitaria, ai fini della stabile attività si esige una presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per le prestazioni di servizi considerate.

Il motivo è inammissibile. La censura non intercetta la ratio decidendi della sentenza. In questa non si afferma che la disponibilità del sistema informativo costituisce di per sè stabile organizzazione. Si riconosce invece che “le attività caratterizzanti la s.o. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale”. Si afferma inoltre che l’attività di commercializzazione viene svolta da quattro dipendenti della 22 s.r.l.. Nel contesto motivazionate della sentenza impugnata non è la mera introduzione del sistema informatico ad integrare la stabile organizzazione ma il fatto che il personale a disposizione, potendo fare affidamento sullo strumento informativo, era in grado di dare vita alla stabile organizzazione.

Con il secondo motivo si denuncia omessa, ed in subordine insufficiente, motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la parte ricorrente in via incidentale che l’affermazione secondo cui “non è risultato che il programma adottato fosse un mero gestore di posta elettronica sicchè vi è invece da presumere che esso costituisse un rilevante aspetto della gestione degli affari” comporta un’omissione di motivazione in quanto dalla circostanza che un server non sia mero gestore di posta elettronica non discende che questo costituisca un rilevante aspetto della gestione organizzativa dell’attività di commercializzazione, tale da poter assumere la qualifica di stabile organizzazione. In subordine si osserva che l’affermazione in questione comporta un’insufficiente motivazione.

Il motivo è inammissibile. Il passaggio motivazionale, stralciato dal contesto motivazionale, non da conto della ratio decidendi in base alla quale, come si è visto a proposito del precedente motivo, non è la mera introduzione del sistema informatico ad integrare la stabile organizzazione ma il fatto che il personale a disposizione, potendo fare affidamento sullo strumento informativo, era in grado di dare vita alla stabile organizzazione.

Con il terzo motivo si denuncia omessa, ed in subordine insufficiente, motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Osserva la parte ricorrente in via incidentale che la CTR, rilevando che il server costituirebbe “un rilevante aspetto organizzativo della gestione degli affari”, ha omesso di considerare le prove decisive prodotte dalla contribuente in base alle quali il server non era niente più che una mera piattaforma informatica per la conservazione e la trasmissione di dati e informazioni, utilizzato al fine di consentire la condivisione in tempo reale di determinati dati e informazioni, evitando la reiterata e dispendiosa trasmissione di dati mediante telefono, fax e e-mail. In subordine si osserva che l’affermazione in questione comporta un’insufficiente motivazione.

Il motivo è inammissibile. Gli elementi probatori evidenziati nel motivo (perizia giurata e documentazione allegata nella fase di merito), nella misura in cui vengono richiamati per concludere che il sistema informatico era una mera piattaforma per la conservazione e la trasmissione di dati e informazioni, non hanno carattere decisivo.

Come si è precisato, in base alla decisione del giudice del merito non è la mera introduzione del sistema informatico ad integrare la stabile organizzazione ma il fatto che il personale a disposizione, potendo fare affidamento sullo strumento informativo, era in grado di dare vita alla stabile organizzazione. Può dunque in astratto riconoscersi che il sistema informatico avesse natura di mera piattaforma per la conservazione e la trasmissione di dati e informazioni, ma secondo la valutazione del giudice era l’integrazione di tale sistema informatico con i mezzi umani rappresentati dal personale dipendente della 22 s.r.l. a configurare i presupposti della stabile organizzazione.

Con il quarto motivo si denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Lamenta la parte ricorrente in via incidentale che, mentre Transfer Pricing Advisory, istituto internazionale indipendente, aveva determinato nella misura del 3% la provvigione spettante alla presunta stabile organizzazione, la CTR l’aveva determinata nella misura del 5% sulla base delle “altre attività, anche più manuali” e che tali attività manuali erano già state retribuite da I.F.F., sulla base del contratto di produzione. La motivazione sarebbe illogica anche perchè, essendo già corrisposta agli agenti di I.F.F. una provvigione del 8,5-9%, la percentuale per il ruolo della stabile organizzazione meramente aggiuntivo a quello degli agenti doveva essere inferiore al 5%.

Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. Risulta accertata in fatto dal giudice di merito l’effettuazione da parte della stabile organizzazione di “altre attività, anche più manuali”, rispetto a quelle di intermediazione. Le ulteriori attività, dato l’uso della congiunzione “anche”, non si riducono quindi a quelle “manuali”, ma comprendono “anche” attività “più manuali”. In secondo luogo non può essere valutato il contratto di produzione in quanto la stabile organizzazione si sarebbe configurata per l’attività di commercializzazione, e non per quella di produzione. Quindi le “attività manuali” non possono essere quelle contemplate da un contratto che non concerneva la commercializzazione. Il motivo è poi inammissibile laddove richiama il confronto con la misura della provvigione riconosciuta agli agenti di I.F.F. in quanto implica una valutazione di merito preclusa nella presente sede di legittimità.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 9, e 28 ter della sesta direttiva CEE e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osserva la parte ricorrente in via incidentale che la sentenza impugnata, laddove ha fissato nella misura del 5% il recupero da operarsi ai fini non solo delle imposte dirette ma anche ai fini IVA, è illegittima perchè la prestazione di servizio resa dalla presunta stabile organizzazione alla casa madre è fuori campo IVA stante l’unicità del soggetto d’imposta. Come affermato da Corte giust. 23 marzo 2006, causa C-201/04, non sono soggetti ad IVA i costi imputati a fronte dei servizi resi tra la casa madre ed il centro di stabile attività. Lamenta inoltre la ricorrente in via incidentale che risulta violato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. d) ed e) (“le prestazioni di servizi resi tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati e simili…nonchè le prestazioni di intermediazione inerenti le suddette prestazioni” “rese a soggetti domiciliati o residenti in altri Stati membri della Comunità economica Europea, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando il destinatario non è soggetto passivo dell’imposta nello Stato in cui ha il domicilio o la residenza”) perchè le prestazioni effettuate dalla stabile organizzazione in favore della casa madre lussemburghese devono considerarsi non effettuate in Italia, e dunque non possono essere assoggettate ad IVA in Italia.

Con il sesto motivo si denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Osserva la parte ricorrente che, nell’ipotesi in cui si ritenga che la CTR, richiamando una generica “più ampia attività svolta di commercializzazione sul territorio nazionale”, abbia voluto affermare la sussistenza di cessioni di beni da parte della stabile organizzazione a soggetti residenti in Italia, come tali imponibili ad IVA, la motivazione è contraddittoria perchè, avendo accertato che la stabile organizzazione avrebbe realizzato un moderna modalità di coordinamento tra I.F.F., 22 e agenti I.F.F., quantificando una provvigione, ha escluso l’esistenza di cessioni di beni.

Con il settimo motivo si denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Espone la parte ricorrente che nella sentenza impugnata si legge che la percentuale del 5% esprime il recupero da operarsi ai fini IVA e che “l’eventuale applicazione dell’IVA sulle operazioni svolte nel territorio nazionale deve scontare l’imposta nello stesso paese”.

Aggiunge che nel dispositivo nulla si dice in merito all’eventuale applicazione dell’IVA. Lamenta quindi la contraddittorietà della motivazione perchè l’IVA è dovuta o sulla provvigione del 5% spettante alla stabile organizzazione o sulle operazioni svolte sul territorio o non è dovuta come si desumerebbe dal dispositivo.

Il sesto ed settimo motivo vanno valutati in via pregiudiziale rispetto al quinto motivo e sono fondati. Con riferimento all’IVA la motivazione non permette di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum. Per parte si imputa alla stabile organizzazione l’attività di commercializzazione sul territorio nazionale, per l’altro, ai fini della determinazione del reddito si applica una percentuale sulle vendite alla stessa stregua di una provvigione. In secondo luogo, si fissa nella percentuale del 5% il recupero da operarsi ai fini IVA da una parte, e si parla di applicazione dell’IVA sulle operazioni svolte nel territorio del paese dall’altra parte, senza peraltro fare menzione dell’IVA nel dispositivo. La motivazione, per questa parte, non supera il vaglio di coerenza interna e rende inafferrabile la ratio decidendi.

Il quinto motivo, incentrato sulla censura di errata applicazione del regime dell’IVA, è da reputare assorbito per effetto dell’accoglimento dei due successivi motivi.

Con l’ottavo motivo si denuncia omessa pronuncia. Osserva la parte ricorrente che, benchè debba ritenersi che la CTR abbia implicitamente accolto l’appello proposto da 22 s.r.l. in quanto dai fatti accertati dalla CTR non risulta alcuna cessione di beni da parte di 22 alla presunta stabile organizzazione, comunque va sollevata per scrupolo difensivo la censura di omessa pronuncia in ordine all’appello proposto dalla 22 in relazione agli anni 2005 e 2006. Espone la parte ricorrente che l’Ufficio ha riqualificato le cessioni effettuate da 22 alla società lussemburghese quali cessioni alla stabile organizzazione in Italia, come tali imponibili ai fini IVA in Italiane che la società, dopo avere impugnato l’atto impositivo, ha riproposto nel nono motivo di appello le medesime censure sollevate in primo grado.

Con il nono motivo si denuncia omessa pronuncia. Espone la parte ricorrente che, a conclusione di altra verifica fiscale, sulla base di compensi “fuori busta” ai propri dipendenti su cui 22 s.r.l. non avrebbe operato le ritenute, era stato presunto che tali compensi sarebbero stati pagati mediante ricavi non dichiarati, da assoggettare ad IVA. Aggiunge che la società impugnò la pretesa tributaria e che, avendo la CTP omesso di pronunciare sull’impugnazione, in secondo grado venne censurata l’omessa pronuncia. Lamenta quindi l’omessa pronuncia da parte della CTR. L’ottavo ed il nono motivo sono fondati. La CTR ha omesso di pronunciare sull’appello proposto da 22 s.r.l., come già rilevato a proposito dell’esame del ricorso principale.

Con il decimo motivo si denuncia omessa pronuncia. Espone la parte ricorrente che la G. d. F. invitò la I.F.F. del Lussemburgo a fornire i dati in suo possesso per la ricostruzione del reddito della stabile organizzazione e che la società fornì solo i dati relativi all’attività di e-commerce, per la quale aveva un codice fiscale in Italia, e che, non potendo essere esercitati poteri autoritativi nei confronti di soggetti esteri, fu attivata la procedura di mutua assistenza con il Gran Ducato del Lussemburgo. Aggiunge che, senza attendere l’esito della procedura di scambio con le autorità lussemburghesi, si procedette alla quantificazione induttiva del reddito e dei ricavi “sulla base degli elementi acquisiti presso la 22 s.r.l., nonchè presso la stabile organizzazione della società estera”, e che nel ricorso di primo grado fu contestata l’illegittimità della metodologia induttiva utilizzata. Espone quindi di avere nell’atto di appello riproposto la censura e che la CTR ha omesso di pronunciarsi.

Il motivo è fondato. La CTR, nonostante che nella narrativa dei fatti abbia dato conto della proposizione dello specifico motivo di appello, ha omesso di pronunciarsi sulla questione oggetto di censura.


P.Q.M.


La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo motivo, rigetta in parte il terzo motivo e dichiara per il resto inammissibile il ricorso; accoglie il sesto, settimo, ottavo, nono e decimo motivo del ricorso incidentale, con assorbimento del quinto motivo, rigetta parzialmente il quarto motivo e dichiara per il resto inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche, che provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2015