201604.28
0

Indirizzi operativi per la prevenzione e il contrasto all’evasione (circolare 16/2016)

Premessa

L’evasione fiscale, come da più parti sottolineato, è un grave problema per il Paese, toglie risorse importanti, altera la libera concorrenza e distorce le scelte economiche, creando inefficienze nel mercato e situazioni di non equità.

Nel discorso di fine anno, lo stesso Presidente della Repubblica ha sottolineato in modo assolutamente chiaro e incisivo che “un elemento che ostacola le prospettive di crescita è rappresentato dall’evasione fiscale. Se solo si riuscisse a dimezzarla, si potrebbero creare oltre 300 mila posti di lavoro: gli evasori danneggiano la comunità nazionale e danneggiano i cittadini onesti. Le tasse e le imposte sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero“.

In un simile scenario l’impegno dell’Agenzia delle entrate deve essere sempre più intenso, costante, professionale e mirato. Ad una precisa strategia di contrasto alle frodi ed alle forme di evasione più gravi deve affiancarsi la consapevolezza che nei rapporti fisco-contribuente è necessario un cambio di passo.

È importante, infatti, che i cittadini percepiscano la correttezza e la proporzionalità dell’azione. Il modo con cui si interagisce con il contribuente è un elemento che incide notevolmente sulla percezione della fondatezza della pretesa; nel corso delle attività i funzionari, oltre al rispetto delle regole, si devono preoccupare anche di porsi nel modo giusto verso l’interlocutore, garantendo attenzione, rispetto e con un approccio chiaro, semplice e privo di preconcetti.

In quest’ottica è dunque imprescindibile continuare nella positiva evoluzione del rapporto fisco-contribuente, che deve essere sempre di più basato sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla semplificazione.

Rendere l’adempimento più semplice e certo nelle modalità e nei contenuti agevola la competitività delle imprese e gli investimenti, creando le condizioni per favorire la crescita economica del paese.

Questo orientamento è peraltro in linea con gli indirizzi espressi dall’OCSE che, già nel novembre 2010, ha esplicitamente sollecitato gli Stati a rivedere le relazioni tra l’Amministrazione fiscale ed i contribuenti (1).

A tal fine, la legge delega per la riforma del sistema fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23) ha posto al centro dell’ordinamento fiscale i requisiti di stabilità e certezza che costituiscono elementi cardine in quanto presupposto indispensabile per le scelte degli operatori economici e per la crescita del Paese, nonché fattori fondamentali nella competizione fiscale tra Stati, almeno quanto il livello effettivo di tassazione.

In particolare, i tre decreti legislativi delegati in materia di internazionalizzazione delle imprese (decreto legislativo n. 147 del 2015), certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente (decreto legislativo n. 128 del 2015), così come quello finalizzato a incentivare la fatturazione elettronica (decreto legislativo n. 127 del 2015), vanno nella direzione del cambiamento e sono misure che incidono significativamente nella politica del controllo.

La riforma del sistema fiscale operata nella direzione del cambiamento con particolare riferimento alle attività di controllo è completata dal riordino della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (decreto legislativo n. 156 del 2015), dalla revisione del sistema sanzionatorio (decreto legislativo n. 158 del 2015), dalla razionalizzazione delle norme in materia di riscossione (decreto legislativo n. 159 del 2015).

L’attuazione di tutte queste misure non può, tuttavia, prescindere da un approccio ben lontano dalla mera caccia agli errori dei contribuenti e predisposto alla trasparenza e al dialogo con tutti gli operatori che a vario titolo operano nel campo della fiscalità.

Per quanto concerne l’attività di prevenzione e contrasto all’evasione è indispensabile, inoltre, che gli aspetti essenziali e più caratterizzanti della strategia perseguita siano di immediata e semplice percezione da parte dei cittadini. Una chiara e mirata azione di contrasto, oltre a garantire il recupero delle imposte e delle tasse indebitamente evase, determina nel contempo un conseguente effetto deterrenza e, indirettamente, l’incremento della tax compliance.

Tali criteri sono espressamente richiamati nel decreto legislativo n. 157 del 2015 di revisione della disciplina dell’organizzazione delle Agenzie fiscali ed anche nell’Atto di indirizzo (2) per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2016-2018. In quest’ultimo documento, il Ministro dell’Economia e delle finanze, nel sottolineare la centralità del rapporto fisco-contribuente, ribadisce l’esigenza di maggiore trasparenza, semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti, così da agevolare l’emersione dell’effettiva capacità contributiva già nel momento dell’adempimento spontaneo.

L’Atto di indirizzo precisa, in particolare, che l’attività di prevenzione e contrasto all’evasione deve essere prioritariamente finalizzata a:

  • ridurre il tax gap;
  • migliorare la qualità delle attività di accertamento e verifica;
  • ridurre l’invasività dei controlli;
  • favorire l’integrazione dei processi automatizzati di controllo tra più amministrazioni;
  • favorire la tracciabilità dello stato dei procedimenti.

L’attività del 2016 deve essere pertanto svolta in linea con i criteri sopra esposti, che ne costituiscono la cornice di riferimento, e sarà cura dei responsabili delle varie strutture assicurare la condivisione di tali principi con il personale coinvolto nelle diverse fasi operative.

Occorre evidenziare che le sfide del 2016 sono molteplici, assai impegnative e complesse, per cui è indispensabile assicurare, a tutti i livelli (centrale, regionale e provinciale), la giusta sinergia, l’impegno costante, lo spirito di collaborazione e un fare costruttivo, garantendo l’interazione all’interno di ciascuna struttura e tra le strutture nel loro complesso; questi concetti non debbono restare meri enunciati di princìpi, ma costituire elemento qualificante del modo di lavorare dell’Agenzia nel suo complesso.

In tal senso si ritiene essenziale anche valorizzare spunti investigativi, gestionali o organizzativi che possano in concreto e significativamente migliorare l’attività di prevenzione e contrasto.

È auspicabile dunque che ogni struttura si impegni sin d’ora ad individuare questioni o esperienze di interesse che possano essere oggetto di valutazione e condivisione per il miglioramento degli aspetti operativi o procedurali dell’attività nel suo complesso o di una o più delle diverse fasi di cui la stessa si compone (fase di analisi, fase istruttoria, fase di accertamento, fase di monitoraggio ecc.).

Fatte queste premesse di ordine generale, si forniscono di seguito alcune precisazioni finalizzate a delineare un quadro dei principali ambiti di attività del 2016 ossia:

  1. svolgimento della ordinaria attività di prevenzione e contrasto, ivi inclusa la gestione delle richieste di voluntary disclosure ed il presidio del territorio;
  2. coordinamento con altri enti;
  3. contrasto ai fenomeni di frode ed agli illeciti fiscali internazionali;
  4. implementazione dell’adempimento spontaneo;
  5. attuazione del programma di cooperative compliance;
  6. attuazione dei nuovi accordi di ruling internazionale e gestione delle richieste di patent box.

1. Svolgimento della ordinaria attività di prevenzione e contrasto, ivi inclusa la gestione delle richieste di voluntary disclosure ed il presidio del territorio

Con le linee guida per la predisposizione delle proposte di budget 2016 sono state fornite indicazioni di carattere generale anche per l’attività di prevenzione e contrasto, cui si rimanda per più specifici dettagli.

L’attività del corrente anno è contrassegnata dall’impegno richiesto per la gestione delle istanze di voluntary disclosure, la cui lavorazione va portata avanti unitamente al resto delle lavorazioni. Il numero di istanze è diversificato da regione a regione ed è particolarmente elevato in alcune di esse e presso il Centro Operativo di Pescara, competente (3) sulle istanze presentate dal 10 novembre 2015.

Nelle linee guida per le proposte di budget 2016 e nella direttiva prot. n. 36709 del 9 marzo c.a. è stata sottolineata l’esigenza che le Direzioni regionali e provinciali procedano con tempestività alla trattazione delle istanze, adottando ogni possibile soluzione organizzativa e gestionale così da concludere la trattazione entro il 30 settembre 2016 ed assicurare il perfezionamento di tutte le posizioni per tutte le annualità entro il 31 dicembre 2016 (termine fissato, a pena di decadenza per l’emissione degli atti di accertamento e di contestazione, dal decreto legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187).

Le Direzioni regionali sono invitate a monitorare lo svolgimento dell’attività svolta dalle strutture provinciali, garantendo coerenza di trattazione ed adeguato supporto, valutando anche l’opportunità di costituire appositi gruppi dedicati all’analisi delle fattispecie più frequenti (così da dare istruzioni utilizzabili in modo generalizzato) o più complesse.

Gli Uffici competenti alla lavorazione delle pratiche di collaborazione volontaria sono chiamati ad effettuare, contestualmente allo svolgimento delle fasi istruttorie, un’attività di raccolta digitale dei principali dati e informazioni contenuti nelle istanze presentate per l’adesione alla procedura, strumentale a successive analisi ed elaborazioni per future attività mirate di contrasto all’evasione. A tal fine, è stato realizzato un apposito applicativo in cui devono essere inseriti i dati rilevati dal funzionario nel corso dell’istruttoria delle pratiche di voluntary disclosure, sulla scorta della documentazione presentata a corredo dell’istanza telematica, ossia della relazione illustrativa e dei relativi allegati. Le informazioni così raccolte consentiranno non solo e non tanto di monitorare le attività che hanno formato oggetto di emersione, ma soprattutto di procedere con le successive attività di analisi e rilevazione statistica delle condotte evasive più diffuse (soprattutto quelle che prevedono l’allocazione all’estero di risorse e investimenti) e di profilazione di fenomeni ad alta pericolosità fiscale.

Dal punto di vista generale, tutta l’attività di prevenzione e contrasto dovrà essere caratterizzata da un miglioramento qualitativo. I controlli dovranno quindi essere sempre più mirati e finalizzati a far emergere la reale capacità contributiva del contribuente, concentrando l’attenzione su concrete situazioni di rischio ed evitando, per converso, di disperdere energie in contestazioni di natura essenzialmente formale o di esiguo ammontare che, oltre a creare inefficienze, determinano una percezione errata dell’operato dell’Agenzia.

È fondamentale procedere con specifiche analisi di rischio, attuate attraverso un uso appropriato delle banche dati e delle applicazioni di ausilio a disposizione, poiché ciò, oltre a garantire controlli efficaci, determina anche una minore invasività dell’azione, grazie ai riscontri effettuabili attraverso l’incrocio dei dati.

Il patrimonio informativo dell’Agenzia è sicuramente ampio, strutturato, in larga parte aggiornato alle ultime informazioni disponibili ed idoneo a garantire il perseguimento della sua missione istituzionale.

Per quanto attiene la specifica attività di controllo, nel 2015 è stato raggiunto l’obiettivo di rendere disponibili gli aggiornamenti degli applicativi di analisi e selezione dei soggetti e delle prime procedure di accertamento all’ultimo periodo di imposta chiuso nel più breve tempo possibile dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione. In particolare, gli applicativi di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo e le prime procedure di accertamento sull’anno di imposta 2014 sono state rilasciate a dicembre 2015.

Anche nel 2016 sarà perseguito uno specifico impegno per far sì che le banche dati vengano tempestivamente arricchite nei loro contenuti con dati qualitativamente corretti, così da supportare in modo sempre più efficace l’attività di analisi del rischio e lo sviluppo e implementazione di nuovi percorsi di indagine e selezione.

Dal punto di vista operativo, alle notizie ritraibili dalle banche dati si aggiungono quelle che pervengono da altre fonti, ivi incluse fonti aperte, per cui lo scenario informativo è ampio e variegato.

Si rammenta che fanno parte del patrimonio informativo dell’Agenzia anche i dati che, a vario titolo, pervengono dalle autorità fiscali estere. Si fa particolare riferimento allo scambio automatico e massivo di informazioni su soggetti residenti in Italia con redditi di fonte estera, il cui dettaglio è disponibile sull’apposito portale. Un’efficace attività di analisi richiede necessariamente un approccio razionale, completo e coerente e come più volte sottolineato, nella fase di selezione dei soggetti dovrà essere operata una valutazione del rischio differenziata per macro-tipologia di contribuente e per contesto socio-economico di riferimento, che valorizzi la conoscenza delle dinamiche economiche presenti in ciascuna realtà provinciale.

Si raccomanda, in particolare, un’adeguata mappatura del territorio di propria competenza, utilizzando gli appositi strumenti informatici a disposizione, ausili fondamentali per una selezione efficace dei soggetti da sottoporre a controllo. Al riguardo, si ricorda che è a disposizione delle Direzioni provinciali anche un database integrato da fonti interne ed esterne, in grado di mappare il territorio nazionale secondo zone omogenee, sulla base di indicatori sia fiscali che socio-economici.

Le informazioni ritraibili dagli applicativi in uso sono preziose per valutare complessivamente la capacità contributiva dei soggetti o supportare eventuali contestazioni basate sulla incongruenza dei ricavi dichiarati.

Infatti, oltre ad ottenere ausilio nella selezione e nella ricostruzione sintetica della capacità contributiva della persona fisica, attraverso l’analisi della manifestazione di capacità di spesa, è possibile acquisire altresì una rappresentazione in relazione al contesto socio-familiare e alla concreta disponibilità economica del contribuente che viene evidenziata dalle informazioni del reddito complessivo “ricostruito”, del trend dichiarativo nell’ultimo triennio, dal complesso degli investimenti/disinvestimenti realizzati nel quinquennio.

Per quanto concerne i contribuenti soggetti agli studi di settore, è possibile effettuare analisi su coloro che hanno presentato il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore ed i dati in essi contenuti costituiscono una fonte preziosa di informazioni per meglio comprendere la reale capacità contributiva del soggetto, soprattutto se utilizzati unitamente alle altre notizie disponibili.

Le anomalie emergenti dall’applicazione dello studio, nonché i casi di mancata presentazione del relativo modello, saranno debitamente valutati per la selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, soprattutto in presenza di ulteriori elementi di rischio che portino a ritenere che vi sia un’infedele dichiarazione di materia imponibile.

Ad esempio, attraverso l’utilizzo della banca dati Spesometro è possibile conoscere i dati comunicati dai vari fornitori del soggetto e riscontrarli con quanto dallo stesso indicato in dichiarazione e nel modello degli studi di settore, oltreché individuare le posizioni che presentano probabili anomalie con riferimento al principio di inerenza da valutare però in maniera più approfondita nel corso della successiva attività istruttoria.

Analogamente, permettono un similare riscontro i dati delle utenze comunicati dai vari soggetti a ciò chiamati dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 605.

Particolare attenzione dovrà essere prestata nei confronti di quei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo che, seppure dichiarino un ammontare elevato di compensi, deducono un importo cospicuo di costi che abbattono in maniera significativa il reddito imponibile.

In tutti questi casi, allo scopo di garantire trasparenza e incentivare la compliance dichiarativa, gli Uffici indicheranno nella motivazione degli atti che la selezione è avvenuta anche in base alle discrepanze risultanti dall’applicazione degli studi di settore.

Sono inoltre in corso di svolgimento le analisi centralizzate dei dati dichiarativi dei soggetti che nel 2015 sono stati interessati da una comunicazione di anomalia da studi di settore e, nei prossimi mesi, saranno segnalati, distinti per livello di rischio (4), i nominativi di quei soggetti che non hanno modificato il proprio comportamento dichiarativo, né fornito elementi di risposta all’Amministrazione.

Da ultimo, in relazione alle attività di controllo nei confronti delle imprese di minori dimensioni e dei professionisti interessati dagli studi di settore, si richiama l’attenzione sugli effetti del regime premiale di cui all’articolo 10, comma 9, del decreto legge n. 201 del 2011, sulle attività di controllo d’istituto, con particolare riferimento alla riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Sempre in tema di utilizzo razionale e ampio delle informazioni, si sottolinea l’importanza di valorizzare ciò che emerge dall’esperienza, sia per quanto concerne i settori che i comportamenti a rischio.

A questo proposito, si sottolinea l’opportunità di prestare particolare attenzione al settore dei servizi, in quanto le relative transazioni risultano senz’altro di più difficile valutazione nell’an e nel quantum rispetto a quelle riferite alle cessioni di beni.

In generale, l’analisi deve essere finalizzata ad individuare essenzialmente ipotesi di effettiva omessa o infedele dichiarazione, attuata non solo attraverso l’omessa indicazione di ricavi e/o di altri componenti positivi di reddito, ma anche attraverso l’indebita deduzione di componenti negativi.

Per le attività a connotazione internazionale si invitano gli Uffici a ricorrere, ove ritenuto opportuno, agli strumenti della cooperazione internazionale, in particolare incrementando l’attivazione dello scambio di informazioni a richiesta.

Specifica attenzione dovrà essere prestata all’individuazione di false fatturazioni o di false indicazioni di componenti negativi poiché, come emerso anche dalla cronaca recente, si tratta di fattispecie assai insidiose che, oltre ad intenti evasivi in larga parte connotati dalle caratteristiche della frode, possono a volte celare anche veri e propri fenomeni corruttivi, da contrastare con forza e determinazione, richiedendo nei casi più complessi o rilevanti la collaborazione dell’Ufficio Antifrode.

E’ essenziale inoltre valutare se sussistono ricorrenze di comportamento tra soggetti che si avvalgono dello stesso consulente e/o intermediario e, soprattutto, se ci sono elementi che fanno emergere il ruolo di tale consulente nella veste di “ideatore/facilitatore” del comportamento evasivo, poiché in questo caso è necessario procedere ad ampio raggio nei confronti dei soggetti che hanno adottato il comportamento indebito, ivi incluso il consulente, la cui condotta rischia di mettere in cattiva luce una categoria che, al contrario, è in larghissima parte attiva per garantire il corretto adempimento degli obblighi fiscali.

Con riferimento al “terzo settore” è necessario che l’analisi del rischio in materia sia eseguita con la massima cura, utilizzando anche gli specifici applicativi disponibili (5), in modo da ottenere una selezione mirata a individuare i soggetti che apparentemente si presentano come “non profit“, ma in realtà svolgono vere e proprie attività lucrative in settori tipicamente commerciali, come la somministrazione di alimenti e bevande, l’organizzazione di viaggi, l’intrattenimento e spettacolo, ecc.. Particolare attenzione, inoltre, dovrà essere rivolta ai soggetti che pongono in essere transazioni immobiliari sospette o frodi mediante l’utilizzo di false fatturazioni.

Pertanto, occorre evitare di perseguire situazioni di minima rilevanza economica e tenere comunque conto del contesto sociale in cui operano, come nei casi, ad esempio, in cui l’attività istituzionale sia rivolta ad anziani, a soggetti svantaggiati oppure riguardi la formazione sportiva per ragazzi (scuole calcio, tennis, pallacanestro, ecc.).

Per quanto concerne il mondo dei contribuenti di grandi e medie dimensioni, si ricorda che con l’atto del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 2015/135772 del 23 ottobre 2015 è stata modificata l’articolazione interna delle strutture centrali e regionali.

Tale scelta organizzativa attribuisce alle Direzioni regionali un ruolo rilevante nel coordinamento dell’analisi del rischio di elusione ed evasione fiscali nel comparto dei contribuenti di maggiori dimensioni con fatturato superiore a euro 5.164.568.

L’attività di selezione dovrà essere prioritariamente concentrata sui fenomeni di pianificazione fiscale nazionale e internazionale che comportano l’erosione di base imponibile dal territorio dello Stato oltreché sui fenomeni tipicamente evasivi.

All’esito della predetta attività, specialmente nelle Direzioni regionali che presentano una minore concentrazione di grandi contribuenti con fatturato superiore a euro 100 milioni, dovranno essere utilizzate al meglio le sinergie tra le Direzioni regionali e le Direzioni provinciali, al fine di mirare l’attività di controllo su quelle realtà, anche appartenenti a gruppi multinazionali, caratterizzate da un elevato rischio di evasione ed elusione fiscali.

In tal senso, le Direzioni regionali con una minore presenza di grandi contribuenti coadiuveranno le Direzioni provinciali nei controlli sulle imprese medie e sui contribuenti di minori dimensioni appartenenti a gruppi multinazionali, adottando ogni possibile soluzione organizzativa e gestionale anche attraverso la condivisione del personale tra più strutture.

Inoltre, i controlli riguardanti i prezzi di trasferimento, se da un lato devono essere diretti a colpire quei comportamenti suscettibili di determinare l’erosione di base imponibile, dall’altro lato devono tenere in adeguata considerazione il rischio di produrre fenomeni di doppia imposizione internazionale. Di qui l’esigenza di mirare i predetti controlli sulle ipotesi maggiormente significative di manipolazione dei prezzi di trasferimento e, in particolar modo, su quelle che portano alla delocalizzazione di redditi imponibili in Stati o territori che applicano un regime impositivo più favorevole.

Per quanto concerne le fattispecie attinenti l’abuso del diritto, si invita ad una valutazione attenta e rispettosa dello spirito della norma, evitando contestazioni che non siano in linea con le previsioni dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Nell’ottica di garantire un approccio uniforme e coerente a livello nazionale, le strutture centrali forniranno il necessario supporto alle strutture operative per i casi che verranno sottoposti alla sua attenzione in questa prima fase di applicazione e della nuova norma.

Per tutti i soggetti si ribadisce inoltre che, nella fase di selezione, la scelta tra un soggetto o un altro dovrà essere effettuata coniugando il principio di equità con quello di proficuità dell’azione amministrativa, e dovrà essere monitorata la solvibilità del contribuente durante l’iter del controllo.

Il controllo dovrà del pari essere finalizzato alla definizione della pretesa tributaria, garantendo l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento. In quest’ottica il contraddittorio assume nodale e strategica centralità per la “compliance” e, come tale, dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero adempimento formale.

Un’attività di controllo sistematicamente incentrata sul contraddittorio preventivo con il contribuente, da un lato rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile, dall’altro scongiura l’effettuazione di recuperi non adeguatamente supportati e motivati perché non preceduti da un effettivo confronto.

A tal proposito, si richiama, l’attenzione dei responsabili delle strutture operative sul corretto utilizzo delle presunzioni di legge e, più in generale, dei poteri istruttori. Negli anni scorsi è accaduto che i media hanno dato particolare risalto ad accertamenti basati su un utilizzo non sufficientemente critico e preciso delle presunzioni. Il clamore negativo che in tali casi si è determinato e si determina rischia di offuscare il lavoro intenso, professionale e positivo che caratterizza la maggior parte delle centinaia di migliaia di accertamenti che nel corso dell’anno vengono conclusi.

L’utilizzo delle presunzioni deve essere attentamente valutato e portare a risultati realistici e coerenti con la effettiva capacità contributiva del soggetto indagato. Le presunzioni fissate dalla norma a salvaguardia della pretesa erariale devono essere applicate dall’ufficio secondo logiche di proporzionalità e ragionevolezza, avulse da un acritico automatismo e ricorrendo in via prioritaria alla collaborazione del contribuente ed alle dimostrazioni che questi potrà addurre a titolo di giustificazione.

In modo analogo l’utilizzo delle indagini finanziarie, il cui ricorso è da preferirsi solo a valle di un’attenta analisi del rischio dalla quale possano emergere significative anomalie dichiarative e quando è già in corso un’attività istruttoria d’ufficio, deve essere appropriato e finalizzato ad attuare ricostruzioni credibili e realistiche.

Vanno del pari assolutamente evitate ricostruzioni induttive, soprattutto se di ammontare particolarmente rilevante, effettuate senza valutare in modo attento e preciso la coerenza del risultato ottenuto con il profilo del contribuente e con l’attività dallo stesso svolta.

Le attività di controllo degli adempimenti in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell’imposta sulle successioni e donazioni sono eseguite tenendo conto delle consuete linee operative:

  • controlli sulla corretta dichiarazione delle basi imponibili, finalizzati all’accertamento di eventuali maggiori valori sottratti alla imposizione;
  • controlli sull’eventuale occultazione del corrispettivo di cui all’art. 72 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (TUR);
  • controlli sulla corretta fruizione delle agevolazioni in materia.

Per quanto riguarda i controlli relativi ai valori dichiarati, particolare attenzione deve essere prestata alla fase della selezione degli atti da sottoporre a controllo concentrando, in tal modo, le risorse disponibili sulle fattispecie con significativi ed elevati profili di rischio ed incontrovertibilmente interessanti, sia dal punto di vista della proficuità che della sostenibilità della pretesa tributaria.

A tal fine, con riferimento agli atti aventi ad oggetto immobili, è opportuno che i responsabili delle Direzioni provinciali favoriscano il coinvolgimento diretto degli Uffici Provinciali-Territorio nella delicata fase degli atti da sottoporre a controllo, mediante la costituzione di appositi gruppi di lavoro, che facilitino lo scambio di informazioni e permettano la condivisione delle conoscenze e delle esperienze.

Tra i possibili criteri selettivi, già in precedenti comunicazioni di servizio è stata evidenziata l’importanza dello scostamento esistente tra il valore dichiarato nell’atto e i valori OMI, ricavabile tramite l’apposito applicativo che consente agli uffici di procedere autonomamente all’analisi e selezione degli atti da sottoporre a controllo, previa individuazione di una soglia di scostamento ritenuta critica.

A tale riguardo, si sottolinea che le quotazioni OMI – pur costituendo un punto di riferimento importante perché derivanti da puntuali analisi del mercato immobiliare – rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell’ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria.

Infatti, per l’individuazione del valore venale occorre fare sempre riferimento ai criteri stabiliti dall’art. 51 del TUR, ossia ai trasferimenti a qualsiasi titolo, alle divisioni e alle perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato per gli investimenti immobiliari alla detta data e nella stessa località, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base dei dati eventualmente forniti dai comuni.

Per quanto riguarda le modalità istruttorie, si sottolinea anche per tale settore impositivo l’inderogabile necessità di utilizzare l’istituto del contraddittorio con il contribuente prima dell’emissione dell’avviso di rettifica, quale efficace metodo per il rafforzamento della quantificazione della pretesa tributaria e la riduzione della conflittualità nel rapporto con il contribuente.

Il confronto preventivo, infatti, costituisce la modalità istruttoria più valida, poiché consente al contribuente di fornire chiarimenti e documentazione utili a inquadrare in modo più realistico la fattispecie oggetto di stima e, nello stesso tempo, permette all’Amministrazione finanziaria di pervenire a valutazioni più trasparenti e sostenibili.

Nell’ambito delle attribuzioni e dei poteri previsti dall’art. 53-bis del TUR, che ha reso applicabili ai settori impositivi in esame gli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è possibile procedere anche all’accesso presso l’immobile (con le garanzie previste per gli accessi presso le abitazioni private) o l’azienda oggetto del controllo al fine di reperire ulteriori informazioni non ritraibili esclusivamente attraverso la documentazione o gli elementi in possesso dell’ufficio. Tale modalità istruttoria, risulterà particolarmente utile nei casi di elevato scostamento tra il valore dichiarato e quello stimato. Naturalmente, in particolare per le aziende, gli accessi dovranno essere programmati in un lasso temporale strettamente ravvicinato alla data di stipulazione dell’atto sottoposto a controllo.

In ogni caso, si ritiene opportuno acquisire conoscenza diretta dello stato esteriore e delle caratteristiche degli immobili e della zona in cui sono ubicati, acquisibile anche tramite un sopralluogo o con gli strumenti informatici disponibili in ufficio ed anche accedendo ad Internet. Ciò consente di evidenziare meglio le analogie e le differenze tra l’immobile da valutare e quelli presi come riferimento, sulla base delle principali caratteristiche che influenzano i prezzi di mercato della tipologia di immobile in esame. L’allegazione all’avviso di rettifica dell’immagine dell’immobile può costituire un ulteriore supporto alla motivazione della rettifica.

In merito ai controlli sull’occultamento di corrispettivo, rinviando alle indicazioni fornite con le comunicazioni di servizio n. 53 del 2011, n. 11 e 67 del 2012 e n. 25 del 2013, si evidenzia qui che la presenza di una notevole differenza percentuale tra il corrispettivo dichiarato per l’immobile trasferito e il valore OMI di riferimento può costituire solo un indizio di evasione. Pertanto, è necessario individuare ulteriori elementi a sostegno della pretesa, facendo ricorso anche ad altri strumenti istruttori, come le indagini finanziarie con le cautele sopra indicate. Si richiamano al riguardo le istruzioni fornite con la Circolare n. 6/E del 6 febbraio 2007.

In ordine al riscontro dei requisiti qualificanti ciascun regime agevolativo, prioritariamente vanno considerate le posizioni segnalate mediante le liste selettive centralizzate, tenendo poi conto delle specifiche analisi di rischio sviluppate a livello locale.

2. Il coordinamento con gli altri enti

Si sottolinea la necessità di mantenere e sviluppare in maniera strutturata i rapporti di collaborazione e coordinamento tra l’Agenzia delle entrate e gli altri soggetti istituzionali quali la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’INPS, l’INAIL, la SIAE e gli enti territoriali, per individuare le strategie comuni di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali attraverso un costante scambio di dati ed informazioni e per selezionare con sempre maggiore tempestività ed efficacia situazioni potenzialmente a rischio.

Specifica attenzione dovrà essere posta a garantire un adeguato rapporto con le Procure della Repubblica in relazione agli atti che presentano risvolti di natura penale. In particolare si continuerà a promuovere la collaborazione dei Comuni all’attività di contrasto all’evasione fiscale con appositi accordi convenzionali i quali prevedono l’invio all’Agenzia delle entrate di segnalazioni “qualificate”, ossia informazioni, tipicamente in possesso degli enti territoriali, in grado di rivelare comportamenti evasivi ed elusivi da parte dei cittadini ed utili ai fini dell’accertamento dei tributi erariali.

Al fine di assicurare la qualità degli importi accertati e affidati all’Agente della riscossione, nonché la rapida attivazione delle misure cautelari ed esecutive, si rende necessario consolidare la sinergia tra Agenzia delle entrate ed Equitalia sulla base di regole più efficaci per la gestione delle reciproche attività e di una più rapida completa disponibilità dei flussi di informazioni nelle rispettive banche dati.

3. Contrasto ai fenomeni di frode ed agli illeciti fiscali internazionali

La lotta alle frodi fiscali rappresenta un obiettivo primario dell’Agenzia, che deve modulare la risposta amministrativa all’effettiva gravità dei comportamenti, investendo sempre maggiori risorse nel contrasto a quei fenomeni connotati da comportamenti simulatori, artificiosi e fraudolenti, ritenuti più insidiosi per le attività di controllo.

In questa direzione si muove il nuovo quadro normativo introdotto dalla recente riforma del sistema fiscale e, in particolare, quello sanzionatorio, penale ed amministrativo, che mira a reprimere con maggior forza le condotte di particolare disvalore giuridico, etico e sociale, garantendo i principi di effettività, proporzionalità e certezza della risposta sanzionatoria.

In tale ottica, nell’ambito delle modifiche organizzative disposte con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. 135772 del 23 ottobre 2015, è stato modificato l’assetto delle strutture antifrode con l’unificazione delle attività nell’apposito ufficio della Direzione Centrale Accertamento, operante attraverso sette sezioni territoriali e una sezione centrale di Analisi e strategie.

Il nuovo Ufficio assume il controllo dell’attività su tutto il territorio nazionale, coordinando sezioni territoriali rispettivamente ubicate nelle aree geografiche del Paese con maggiore significatività per il contrasto alle frodi; nello stesso opera, inoltre, una sezione dedicata alla definizione delle strategie ed all’analisi delle fenomenologie di maggiore rilevanza.

L’attuale assetto modifica la struttura dell’antifrode creata nel 2009 e risponde all’esigenza di garantire maggiore unitarietà nella definizione delle linee strategiche, anche attraverso l’accentramento dell’attività di analisi, un migliore coordinamento operativo ed una maggiore ampiezza e flessibilità d’azione.

La creazione di un unico ufficio permette, infatti, di superare i problemi legati al coordinamento di più uffici nella pianificazione di azioni simultanee e trasversali su tutto il territorio nazionale, che risultano essenziali nella lotta ai fenomeni di frode, con benefici in termini di tempestività ed efficacia degli stessi interventi.

Importante sarà comunque garantire il raccordo con le realtà che operano a livello operativo (regionale e provinciale) che sono invitate a segnalare in tempo reale eventuali casi o situazioni di rischio che possono riguardare ambiti ultra provinciali o regionali o di particolare complessità e rilevanza.

Per quanto concerne gli aspetti più prettamente operativi si riportano di seguito le linee strategiche che coinvolgeranno in modo specifico l’Ufficio Antifrode, ma che costituiscono anche un riferimento utile per individuare gli ambiti di rischio da parte degli Uffici che operano sul territorio. Nel campo Iva, in continuità con gli indirizzi dati negli ultimi anni, specifica attenzione sarà rivolta all’individuazione ed al contrasto dei fenomeni di frode caratterizzati dall’utilizzo di false lettere d’intento e di quelli connessi all’effettuazione di acquisti intracomunitari.

In linea generale, l’attività sarà il più possibile attualizzata e mirata ad intercettare con tempestività le società cartiere che consentono il salto d’imposta per procedere, ove possibile, alla cessazione d’ufficio della partita Iva per quei soggetti privi dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa Iva.

L’attività istruttoria sarà inoltre incentrata alla ricostruzione della catena dei rapporti commerciali sino al reale beneficiario ed agli effettivi registi della frode; questo anche attraverso un maggiore ricorso allo strumento delle indagini finanziarie, facendo emergere non solo le violazioni commesse dai soggetti interposti ma anche le responsabilità a carico degli altri soggetti coinvolti, a qualunque titolo, nella catena fraudolenta.

È importante inoltre incrementare gli scambi informativi spontanei, ove si acquisiscano dati e notizie che possono essere utili alle Autorità estere, e valutare l’opportunità di attivare controlli multilaterali previsti dagli articoli 29 e 30 del Regolamento (UE) n. 904 del 2010, nonché le misure di assistenza vigenti per la riscossione (6).

Per l’individuazione tempestiva dei soggetti a rischio nell’ambito delle frodi intracomunitarie, saranno pure valorizzati i dati e le informazioni scambiate all’interno del network di EUROFISC (7). Proseguirà infine la collaborazione nell’ambito della Cabina di regia operativa con gli altri organismi impegnati nella lotta alle frodi fiscali, quali l’Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza.

Un ulteriore ambito di intervento sul quale sarà focalizzata la massima attenzione è quello del contrasto ai fenomeni evasivi e fraudolenti caratterizzati dall’utilizzo di modelli F24 contenenti dati non veritieri. Si ricorda che il decreto legislativo n. 158 del 2015 recante revisioni del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, ha inteso distinguere le fattispecie di reato previste e punite dall’articolo 10-quater con riferimento alla qualificazione del credito utilizzato in compensazione, portando la pena massima per l’utilizzo dei crediti inesistenti a sei anni di reclusione.

Specifico impegno sarà posto nell’esame preliminare delle situazioni irregolari, al fine di definire la più idonea strategia di contrasto attuabile, considerando, in prima battuta, se lo specifico comportamento irregolare intercettato sia ascrivibile a sistemi strutturati piuttosto che a singole manifestazioni di evasione (8); al riguardo, una diversa attenzione dovrà essere dedicata alle indebite compensazioni che, già da un primo esame, evidenziano profili critici tali da richiedere più articolate strategie di contrasto.

Si sottolinea che buona parte delle pratiche fraudolente riscontrate implicano l’intervento di soggetti portatori di specifiche competenze professionali il cui ruolo deve essere attentamente indagato al fine di individuarne il reale profilo di responsabilità. La fattispecie ha trovato esplicito rilievo normativo con l’articolo 13-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 74 del 2000 (introdotto dal d.lgs. n. 158 del 2015) che ha previsto una specifica circostanza aggravante ad effetto speciale proprio con riferimento a quei contributi professionali che si sostanzino nella “elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione fiscale” (9).

Si ribadisce, inoltre, in continuità con le indicazioni fornite negli anni scorsi, l’opportunità di monitorare nel tempo i comportamenti dei soggetti già risultati coinvolti in fenomeni fraudolenti, in quanto è stata riscontrata un’elevata propensione alla reiterazione delle condotte, anche con riferimento al pericolo rappresentato dai comportamenti di “sottrazione fraudolenta alla riscossione” inquadrabili nella previsione dell’articolo 11 del d.lgs. 74 del 2000. Si tenga in debito conto, inoltre, che le condotte recidive possono costituire elementi oggettivi valutabili ai fini delle misure di prevenzione previste dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (10).

Il miglioramento dei livelli qualitativi delle iniziative di contrasto alle frodi fiscali sarà sostenuto anche facendo ricorso alla leva della formazione, mediante un’offerta specifica dedicata alla diffusione ed alla sistematizzazione di conoscenze e competenze specialistiche.

4. Promuovere l’adempimento spontaneo

In linea con le indicazioni dell’OCSE di rivedere le relazioni tra l’Amministrazione fiscale e i contribuenti, la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha introdotto alcune disposizioni, contenute nell’art. 1, commi 634 e seguenti, che consentono all’Agenzia, anche mediante l’utilizzo di nuove tecnologie e strumenti telematici, di mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, gli elementi e le informazioni di cui è in possesso e che lo riguardano, al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.

La disponibilità di tali informazioni, oltre a garantire maggiore trasparenza e correttezza, rappresenta per il contribuente uno strumento di ausilio nella fase della predisposizione della dichiarazione o, nel caso in cui sia stata già presentata, consente di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni mediante l’istituto del ravvedimento operoso, novellato dalle disposizioni in argomento.

Nel corso del 2015 è stata avviata una fase di sperimentazione del processo sin qui descritto mediante l’invio – via PEC o per posta ordinaria in casi residuali – di più di 275 mila comunicazioni derivanti da differenti tipologie di anomalie emerse da elaborazioni dei dati dichiarativi presenti a sistema. Per l’anno in corso si proseguirà con il processo avviato nel 2015, consolidandolo a livello organizzativo anche attraverso la messa a disposizione di una specifica procedura d’ausilio per gestire il processo di comunicazione, informazione, assistenza nei confronti dei contribuenti destinatari delle comunicazioni centralizzate. La medesima procedura consentirà, inoltre, il monitoraggio e la consuntivazione delle attività conseguenti all’invio di nuove comunicazioni e, nel suo processo evolutivo, si integrerà nel workflow delle procedure di accertamento.

Nel corrente anno saranno trasmesse, prediligendo l’utilizzo della PEC e, in via residuale, della posta ordinaria, differenziate tipologie di comunicazioni nei confronti dei seguenti contribuenti:

  • soggetti passivi IVA che nel corso del periodo d’imposta 2011 risulterebbero aver percepito, in qualità di “esercenti”, ma non dichiarato, somme raccolte per mezzo degli apparecchi che distribuiscono vincite in denaro di cui al comma 6 dell’articolo 110 del TULPS (11) (slot machine);
  • soggetti passivi IVA che, dal confronto con le somme certificate dai propri sostituti d’imposta nel modello 770 Semplificato, risulterebbero aver omesso, in tutto o in parte, di dichiarare i compensi percepiti per il periodo d’imposta 2012;
  • soggetti passivi IVA che presentano anomalie derivanti dall’incrocio dei dati dichiarati nel 2013 e quelli acquisiti dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 21 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 e successive modificazioni (c.d. spesometro).

Ulteriori comunicazioni verranno trasmesse:

  • entro il primo semestre 2016, nei confronti dei soggetti passivi IVA per i quali emergeranno particolari anomalie nel triennio 2012, 2013 e 2014 sulla base dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
  • entro il secondo semestre 2016, nei confronti dei soggetti passivi IVA per i quali, dal confronto dei dati relativi alla presentazione della comunicazione annuale dei dati IVA relativa al periodo d’imposta 2015 con quelli relativi alla presentazione della dichiarazione ai fini IVA riferita al medesimo periodo d’imposta, risulterebbe o la mancata presentazione della dichiarazione ai fini IVA o la presentazione della stessa con la compilazione del solo quadro IVA.

Il confronto tra contribuente e Agenzia, dopo la ricezione della comunicazione, sarà agevolato dalla messa a disposizione sul cassetto fiscale dei documenti utili a chiarire nel dettaglio gli elementi di anomalia riscontrati in fase di analisi del patrimonio informativo presente in Anagrafe Tributaria; al contempo, il contribuente – anche mediante l’ausilio di un intermediario – potrà veicolare, sempre tramite strumenti telematici (es. canale CIVIS), elementi informativi o documentazione valida per chiarire la sua posizione.

La mancata risposta da parte del contribuente, invece, sia in termini di mancato ravvedimento operoso che di mancata comunicazione all’Agenzia di elementi utili a giustificare l’anomalia segnalata, costituirà elemento di valutazione per l’inserimento della posizione nei piani annuali di controllo.

Inoltre, sarà sperimentato l’invio di una comunicazione unica a persone fisiche e imprese individuali, per le quali nel corso dell’anno 2012 siano emerse una o più anomalie dichiarative in merito a più criteri, quali: redditi da locazione immobiliare, redditi di lavoro dipendente, redditi derivanti dagli assegni divorzili, quote di plusvalenze non dichiarate relativi ai beni patrimoniali relativi all’impresa, redditi di partecipazione, redditi di capitale e redditi diversi. I primi tre dei suddetti criteri sono utilizzati già da tempo per effettuare controlli parziali automatizzati ai sensi dell’art. 41 bis del d.P.R. 23 settembre 1973, n. 600; l’obiettivo è quello di includere progressivamente anche gli altri criteri tra i controlli automatizzati.

In tal modo, una volta riscontrato l’esito di un infruttuoso confronto con il contribuente o in caso di sua mancata risposta, si potranno effettuare accertamenti automatizzati, incrementando così in modo consistente il numero di posizioni controllate ed accorciando il tempo trascorso tra l’anno di imposta controllato e la notifica dell’avviso di accertamento.

Nell’ottica di ridurre nel tempo le forme di comunicazione riferite ad anomalie dichiarative riscontrate su annualità pregresse ed incrementare forme di collaborazione e confronto dinamico con i contribuenti prima della presentazione della dichiarazione, il legislatore ha emanato – tra gli altri – il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, attuativo dell’articolo 9 della legge di delega fiscale.

Tale decreto prevede la possibilità per i soggetti passivi IVA di scegliere tra il mantenimento di alcuni attuali adempimenti comunicativi all’Agenzia delle entrate e la trasmissione telematica – sempre all’Agenzia – delle fatture (emesse e ricevute) e dei dati dei corrispettivi (ove il soggetto realizzi operazioni IVA anche con soggetti privati) riguardanti le operazioni rilevanti ai fini IVA. Con specifico riguardo alla trasmissione dei dati delle fatture, il decreto incentiva le imprese e i professionisti ad adottare processi di fatturazione elettronica poiché, mediante questi ultimi, coloro che sceglieranno il regime opzionale saranno facilitati nella fase di invio dei dati all’Agenzia.

Al tal fine, come previsto dal citato decreto legislativo, l’Agenzia metterà a disposizione dei contribuenti, a partire dal 1° luglio 2016, servizi gratuiti per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche ed implementerà, entro il 1° gennaio 2017, le funzionalità del Sistema di Interscambio, oggi utilizzato per lo scambio delle fatture elettroniche verso le PA, per veicolare anche le fatture elettroniche tra privati, consentendo – al contempo – di adempiere alla trasmissione telematica dei dati delle medesime fatture.

Anche in questo caso, la revisione degli obblighi di comunicazione dei dati IVA e gli strumenti gratuiti d’ausilio che saranno messi a disposizione dall’Agenzia, mirano ad instaurare un nuovo rapporto con i contribuenti IVA, agevolando la trasparenza e l’adempimento.

5. Attuazione del programma di cooperative compliance

Con riferimento al comparto dei grandi contribuenti, attraverso l’emanazione del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128 (attuativo dell’articolo 6 della legge 11 marzo 2014, n. 23) , che ha istituto il regime di adempimento collaborativo (Cooperative compliance), sono state poste le basi per una nuova forma di interlocuzione basata sulla collaborazione, trasparenza e fiducia reciproca, in piena continuità con l’esperienza maturata dall’Agenzia delle entrate nell’ambito del progetto pilota finalizzato allo studio e all’analisi dei sistemi di controllo interno delle imprese per la corretta gestione del rischio fiscale (cd. Tax Control Framework).

Con l’implementazione del programma di “Cooperative compliance“, coerentemente alle indicazioni fornite nel documento OCSE del 2013 “Co-operative Compliance: A Framework – from enhanced relationship to co-operative compliance“, l’Agenzia delle entrate si propone l’obiettivo di sviluppare una nuova forma di interlocuzione con i contribuenti, basata su conoscenza reciproca, rispetto e cooperazione fattiva. Nell’ambito di tale interlocuzione i contribuenti saranno incentivati a fornire informazioni spontanee, complete e tempestive e ad assumere comportamenti improntati alla trasparenza e alla compliance fiscale, a fronte di un impegno dell’Agenzia delle entrate volto a rendere l’adempimento fiscale più semplice e a supportare le imprese nel raggiungimento di un maggior grado di certezza.

Per i contribuenti che desiderano assumere nei confronti dell’amministrazione comportamenti improntati alla compliance fiscale, assume centrale importanza il ruolo dei presidi specifici di tipo fiscale, nell’ambito del più ampio sistema di governo aziendale e di controllo interno. L’esistenza di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, infatti, consente all’impresa di avere una visione costantemente aggiornata della propria posizione che, se supportata da trasparenza nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, può contribuire a eliminare, o quanto meno mitigare, le incertezze connesse alla gestione della variabile fiscale.

In fase di prima applicazione tale regime sarà riservato:

  1. ai contribuenti che realizzano un volume di affari o ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro;
  2. ai contribuenti che realizzano un volume di affari o ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo di cui all’invito pubblico del 25 giugno 2013;
  3. alle imprese che intendono dare esecuzione alla risposta dell’Agenzia delle entrate, fornita a seguito di istanza di interpello sui nuovi investimenti, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, fermo restando l’obbligo, per ciascuna di tali categorie di contribuenti, di dotarsi di un efficacie sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti i criteri in base ai quali potranno essere, progressivamente, individuati gli ulteriori contribuenti ammissibili al regime, che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a quello di cento milioni di euro o appartenenti a gruppi di imprese.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia sono delineate con maggior dettaglio le modalità di accesso all’istituto e quelle operative per lo svolgimento dell’attività.

6. Attuazione dei nuovi accordi di ruling internazionale e gestione delle richieste di patent box.

L’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, intitolato “Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese“, ha inserito nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 l’articolo 31-ter, rubricato “Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale” che sostituisce il precedente ruling di standard internazionale, ampliando le fattispecie che possono essere oggetto di valutazione da parte dell’Agenzia.

Gli accordi preventivi assumono la funzione di una nuova modalità relazionale attraverso i quali l’Agenzia, al fine di evitare manovre elusive da parte delle imprese che hanno una struttura internazionale e in un’ottica di protezione dai rischi fiscali, può regolare in anticipo il trattamento fiscale di alcune operazioni internazionali.

Gli elementi di novità introdotti dalla recente normativa riguardano la definizione dei valori di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza, nonché la valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’articolo 162 del TUIR e dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia (come previsto nel decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto “Destinazione Italia”).

Un’ulteriore novità è rappresentata dalla facoltà concessa al contribuente, attraverso il ravvedimento operoso ovvero la presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’, senza l’applicazione, in entrambi i casi, delle relative sanzioni, di far retroagire gli effetti dell’accordo ai periodi d’imposta intercorrenti tra la data di presentazione dell’istanza e quella di conclusione dell’accordo.

La fase propedeutica alla stipula dell’accordo preventivo nonché quella successiva sono caratterizzate da una procedura articolata; in entrambi i momenti, infatti, attraverso il contraddittorio, gli accessi, gli incontri e la richiesta di documentazione, gli uffici dovranno verificare le circostanze di fatto e di diritto che sono poste a base dell’accordo e i mutamenti sostanziali che possono incidere sulla validità dello stesso.

Lo strumento dell’accordo preventivo è stato altresì esteso dal legislatore al regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali, sinteticamente richiamato con l’espressione anglosassone “patent box“, introdotto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190.

In base all’articolo 1, commi 39 e 40 di tale norma e agli artt. 4 e 12 del successivo decreto del MISE e del MEF del 30 luglio 2015, in caso di utilizzo diretto del bene immateriale la fruizione dell’agevolazione è condizionata alla presentazione di istanza di accordo preventivo, al fine di individuare i criteri di valorizzazione del contributo economico dei beni immateriali al reddito d’impresa.

L’attività in argomento è in larga parte assegnata alle Direzioni regionali, che adotteranno le necessarie misure organizzative e gestionali per individuare le risorse necessarie alla trattazione delle istanze presentate.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia, in corso di emanazione, sono delineate con maggiori dettagli le modalità operative per lo svolgimento dell’attività e le specifiche competenze delle Direzioni regionali.


NOTE:

(1)
Ocse “Forum on tax administration: small/medium enterprise (SME) compliance subgroup”, november 2010.
(2)
www.mef.gov.it/ministero/oiv/atto_indirizzo_politiche.html
(3)
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 6 novembre 2015.
(4)
Il livello di rischio si basa anche sull’analisi delle risposte pervenute tramite il software Comunicazioni 2015, delle dichiarazioni integrative presentate dai contribuenti per il triennio 2011-2013, delle dichiarazioni UNICO 2015 per il 2014.
(5)
Si evidenzia che attraverso l’apposito applicativo è possibile individuare, tra le altre cose, oltre i soggetti che fruiscono di particolari regimi agevolativi, anche gli enti che hanno registrato atti a contenuto patrimoniale, nonché quelli che hanno effettuato movimenti di denaro da e per l’estero comunicati dagli operatori finanziari.
(6)
Direttiva 2010/24/UE e Regolamento di esecuzione (UE) n. 1189/2011.
(7)
Meccanismo di allerta precoce istituito dall’art. 33 del Regolamento (UE) 904/2010.
(8)
Non ci si deve limitare alla emissione di atti di recupero destinati a definirsi per inerzia del soggetto destinatario, quando questi, in realtà, rappresenta solo lo schermo per nascondere i soggetti cui sono effettivamente imputabili le obbligazioni tributarie e verso i quali va proseguita l’attività di controllo.
(9)
D.lgs. 74/2000, art. 13-bis, comma 3, introdotto dal d.lgs. 158/2015, in vigore dal 22/10/2015: “Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale“.
(10)
D.lgs. 159/2011, art. 1 – Soggetti destinatari: “1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a: a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; […]”.
(11)
Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.