201606.30
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Cass., sez. unite civ., 30 giugno 2016, n. 13378 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9485/2010 proposto da:

V.A., nella qualità di liquidatore della V. &

Associati s.r.l., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ROMEI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO ALLETTO, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 71/25/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO, depositata il 21/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2016 dal Consigliere Dott. MARCELLO IACOBELLIS;

uditi gli avvocati Roberto ROMEI ed Isabella CORSINI per l’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La s.r.l. V. & Associati in liquidazione propose ricorso avverso la cartella con la quale, in data 10/1/2007, la s.p.a.

SE.RI.T. Sicilia, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione fiscale 2003, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, aveva richiesto il pagamento, della somma di Euro 2.574,11, dovuta per omesso versamento di ritenute alla fonte operate nel 2002, e la somma di Euro 56.408,88 per omesso versamento di IVA, IRPEF ed IRAP per l’anno d’imposta 2002, oltre interessi e sanzioni.

2. A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente dedusse di essere incorsa in errore nella compilazione dei quadro RS, relativo ai redditi conseguiti, avendo omesso l’esposizione dei costi inerenti al ricavi indicati (di Euro 57.674,00) e, quindi, errato nell’evidenziare il vero risultato di esercizio – pacificamente consistente in una perdita di Euro 19.035,00 – e di avere, per l’effetto, provveduto a rettificare I dati del quadro RS della dichiarazione fiscale 2003, relativamente all’anno d’imposta 2002, con dichiarazione integrativa presentata (telematicamente) il 30/12/2006.

3. La Commissione Tributaria Provinciale dl Agrigento, con sentenza n. 256/03/2007 del 16.23/10/2007, rigettò il ricorso. La Commissione Tributaria Regionale di Palermo, con sentenza n. 71/25/2009 del 17/3.21/4/2009, egualmente respinse l’impugnazione proposta dalla società sul rilievo che la possibilità di rettifica della dichiarazione dei redditi fosse preclusa dal decorso del termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2, comma 1, lett. d).

4. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la s.r.l.

V. & Associati in liquidazione, con unico motivo. Resistono con controricorso l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e Finanze.

5. La sezione tributaria, con ordinanza interlocutoria del 18/9/2015, n. 18383, nell’evidenziare l’esistenza di un contrasto circa i limiti di emenda della dichiarazione fiscale, ha rimesso la causa al Primo Presidente che ne ha disposto l’assegnazione alle Sezioni Unite.

Motivi della decisione

1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e Finanze che non è stato parte in sede di merito, con compensazione delle spese del giudizio tra la società ed il Ministero controricorrente.

2. Con unico motivo, recante l’intitolazione:”Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. 22 luglio 1988, n. 322, art. 2, commi 8 e 8 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 72″, la ricorrente assume l’erroneità della decisione laddove la CTR ha ritenuto che il termine decadenziale per la rimozione degli errori commessi dal contribuente in sede di redazione della dichiarazione fiscale coincida con quello previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. A conforto di tale assunto richiama i principi espressi da queste SS.UU. con la sentenza 25/10/2002, n. 15063, circa la ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, nonchè l’orientamento dottrinario e giurisprudenziale secondo il quale la dichiarazione integrativa sarebbe ammissibile entro il termine di cui all’art. 2, comma 8, del D.P.R. cit. – quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione-.

3. L’ordinanza interlocutoria evidenzia che questa Corte, in considerazione della natura giuridica della dichiarazione fiscale, quale mera esternazione dl scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti (Cass. SS.UU. n. 15063/2002), e conformemente all’art. 53 Cost., ha ripetutamente affermato il principio di diritto secondo cui il contribuente può emendare la dichiarazione allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, anche in sede contenziosa, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (Sent. Sez. 5, n. 5947 del 25/03/2015; conf. Sent. n. 26187/2014, Sent. n. 18765/2014; Ord. n. 3754/2014, Sent. n. 22021/2006). Nel rispetto dell’art. 10 dello statuto del contribuente, sarebbe conforme a buona fede che l’amministrazione non percepisca somme non dovute ancorchè dichiarate per errore dal presunto debitore (Sent. n. 434/2015; conf.

Sent. n. 5947/2015; Sent. n. 26181/2014, Sent. n. 2366/2013). In tale ordine di idee, nulla osterebbe a che la possibilità di emenda, mediante allegazione di errori nella dichiarazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, sia esercitabile non solo nei limiti delle disposizioni sulla riscossione delle imposte (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38), ovvero del regolamento per la presentazione delle dichiarazioni (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2), ma anche nella fase difensiva processuale per opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato (Sent. n. 5947/2015; Sent. n. 6665/2015, Sent. n. 434/2015, Sent. n. 26187/2014, Sent n. 18765/2014).

4. Il collegio remittente dà atto dell’esistenza di un differente orientamento (Sent. n. 14294/2014) secondo cui l’atto di rettifica da parte del contribuente inteso a correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito o minor credito d’imposta, sarebbe ammissibile, ai sensi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis, solo entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’Imposta successivo”; e che “il termine da tale norma previsto – art. 2, comma 8 bis cit. – rileverebbe soltanto al fine della possibilità di opporre In compensazione il credito risultante dalla rettifica, mentre resterebbe salva la possibilità di operare la rettifica stessa agli effetti del diritto ai rimborso”, in quanto “In base ad essa la facoltà di rettificare la dichiarazione in senso favorevole al dichiarante sarebbe esercitabile senza limiti di tempo, il che è certamente contrarlo all’intenzione del legislatore”; tali conclusioni sembrerebbero implicitamente condivise anche da altre decisioni (Sent. n. 24929/2013, Ord. n. 454/2014, Ord. n. 19661/2013, Sent. n. 20415/2014).

5. Le Sezioni Unite, come evidenziato nell’ordinanza interlocutoria, sono chiamate a decidere: se il contribuente, in caso di imposta sui redditi, abbia la facoltà di rettificare la dichiarazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 e ss., per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito o minor credito d’imposta, solo entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo – come stabilito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis – oppure se, al contrarlo, quest’ultimo termine sia previsto solo ai fini della compensazione, richiamata dal secondo periodo del comma 8 bis cit., per cui la predetta rettifica sia possibile anche a mezzo di dichiarazione da presentare entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione – a norma del D.P.R. n. 322 cit., art. 2, comma 8 – e, in ogni caso, tanto in sede rimborso, nel rispetto dei relativi termini di decadenza e/o di prescrizione, quanto in sede di processuale, e cioè per opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato.

6. Il quadro normativo di riferimento è costituito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, recante l’intestazione “Termine per la presentazione della dichiarazione in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P. “, e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, relativo al “rimborso di versamenti diretti” di imposte sul redditi.

7. La prima di tali norme, ai commi 8 e 8 bis, prevede la possibilità per il contribuente di integrare la dichiarazione dei redditi. Tale facoltà era stata già riconosciuta, a decorrere dall’1/1/1991, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 9, u.c., che in proposito recitava: “La dichiarazione, diversa da quella di cui al comma 4, può comunque essere integrata, salvo il disposto dell’art. 54, comma 5, per correggere errori o omissioni mediante successiva dichiarazione, redatta su stampati approvati ai sensi dell’art. 8, comma 1, da presentare entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il secondo periodo di imposta successivo, semprechè non siano Iniziati accessi, ispezioni e verifiche o la violazione non sia stata comunque constatata ovvero non siano stati notificati gli inviti e le richieste di cui all’art. 32″.

8. L’art. 9 cit. venne abrogato dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 9, D.P.R. che all’art. 2, comma 8, nella versione vigente ratione temporis, dispose:” salva l’applicazione delle sanzioni, le dichiarazioni del redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’Imposta possono essere Integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’art. 3, non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43″. Il successivo comma 8-bis – aggiunto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2, -, recita: Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17. Lo stesso art. 8, comma 6, dispone:

Per la dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto si applica la ridetta disposizione di cui all’art. 2, commi 8 e 8 bis.

9. In tema di rimborso di versamenti diretti, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, recita: “il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”.

10. Così delineato il quadro normativo, va rilevato che, a fronte di due Indirizzi configgenti In ordine alla possibilità di emendare le dichiarazioni fiscali, con riferimento all’art. 9 cit., queste SS.UU. (Sent. n. 15063/2002) affermarono che la dichiarazione in questione, in generale, ha natura dl atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera esternazione di scienza e di giudizio, integrante un momento dell’iter procedimentale inteso all’accertamento di tale obbligazione ed al soddisfacimento delle ragioni erariali che ne sono l’oggetto, come tale emendabile e ritrattabile quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che sulla base della legge devono restare a suo carico.

11.Tali principi sono stati confermati dalle Sezioni semplici (Sent.

8153 del 23/5/2003, Sent. 12791 del 9/7/2004, Sent. 4238 del 2/3/200;

Sent. 26839 del 20/12/2007, sent. 29738 del 19/12/2008). Più recentemente nella sentenza della Sezione Quinta n. 6392 del 19/03/2014, leggesi: “le dichiarazioni fiscali, in particolare quella dei redditi, non hanno natura di dichiarazioni di volontà, ma di scienza, e pertanto, salvo casi particolari (ad esempio, le dichiarazioni integrative presentate ai fini del condono), esse possono essere liberamente modificate dal contribuente, anche attraverso la difesa nel processo, ed anche nei giudizi di rimborso”;

nella sentenza della stessa Sezione n. 22490 del 04/11/2015, si afferma: “al contribuente è consentito di emendare la propria dichiarazione, ove affetta da errore di fatto o di diritto, anche se non direttamente da essa rilevabile, quando dalla stessa possa derivare il suo assoggettamento ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico, con il limite temporale derivante dall’esaurimento, provocato dal trascorrere del tempo o dal sopravvenire di decadenze, del relativo rapporto tributario, ovvero, in assenza di tali evenienze, anche dopo l’emissione di un provvedimento impositivo, nell’ambito del processo tributario”.

12.A fronte di tale indirizzo si è peraltro asserito (Sent. 5373 del 4/4/2012) che: “L’art. 38 riguarda i casi di errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria adempiuta, casi cioè in ordine ai quali si rende necessaria esclusivamente un’operazione in un certo senso complementare a quella di liquidazione. L’emenda o la ritrattazione di cui al comma 8 bis, riguarda invece i casi di dichiarazione di fatti diversi da quelli già dichiarati (e tali da determinare un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta odi un minor credito) – in ordine ai quali non potrebbe ipotizzarsi un rimborso se non a seguito di un’attività propriamente di controllo e di accertamento del presupposto “favorevole” da parte dell’Amministrazione finanziaria, In questi casi, una volta scaduto invano il termine stabilito per la rettifica della dichiarazione, nessuna istanza di rimborso è ammissibile (al di fuori dei casi di errori materiali, duplicazioni o versamenti relativi ad obbligazioni tributarle inesistenti), posto che la stessa si porrebbe in contrasto con una dichiarazione ormai divenuta inemendabile (dovendosi dare all’introduzione di un termine per la rettifica un significato corrispondente ad un effetto giuridico)”. Nella successiva sentenza n. 5399 del 4/4/2012, con espresso riferimento al disposto dell’art. 2 comma 8 bis, leggesi: “il limite temporale dell’emendabilità della dichiarazione integrativa non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo appare doversi ritenere… necessariamente circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, indicata nella successiva proposizione della disposizione” (conf. Sent. n. 19537 del 2014). Con le decisioni n. 5852 del 13/4/2012, n. 19661 del 27/8/2013 e n. 18399/2015, si è poi affermata che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto, incidenti sull’obbligazione tributaria, ma di carattere meramente formale, sarebbe esercitabile anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ed anche oltre il termine previsto per l’Integrazione della dichiarazione,… poichè questa scadenza opera, atteso il tenore letterale della disposizione, solo per il caso in cui si voglia mutare la base imponibile, ma non anche quando venga in rilievo un errore meramente formale.

13. Con le pronunce n. 5947/2015, n. 6665/15, n. 434/15, n. 26187/14 e n. 18765/14 si è affermato il principio secondo cui il contribuente potrebbe emendare la propria dichiarazione mediante l’allegazione di errori non solo nei limiti delle disposizioni sulla riscossione delle imposte ovvero del regolamento per la presentazione delle dichiarazioni, ma anche nella fase difensiva processuale per opporsi alla pretesa tributaria.

14. Difformità interpretative sono riscontrabili anche in dottrina laddove si è talora sostenuta la possibilità di emenda per il contribuente, sia in favore che in danno, entro il termine quadriennale, raccordando la disciplina di cui all’art. 2 cit., con quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38; o, per altro verso, si è sostenuta la possibilità di emenda in favore del contribuente, entro il più ristretto termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo, anche a fini diversi dalla compensazione.

15. Ritengono queste SS.UU. che il contrasto di cui alla ordinanza remittente vada risolto considerando la specificità ed il campo di applicazione delle norme dettate in materia di accertamento, di riscossione delle imposte e di contenzioso tributario, distinzione che non sempre traspare nelle decisioni enunciate nell’ordinanze di rimessione, anche in considerazione dell’evoluzione normativa.

16. Con riferimento alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 9, commi 7 e 8, (norma con la quale, secondo quanto enunciato al punto 7, dall’1/1/1991, si consentì al contribuente una correzione degli errori o omissioni della dichiarazione) queste SS.UU. – sent. n. 15063/2002 – precisarono che “hanno riguardo alla rimozione di omissioni ed alla eliminazione dl errori suscettibili di Importare un pregiudizio per l’erario e non attengono alla emendabilità ed alla ritrattabilità di dichiarazioni idonee, perchè errate, di pregiudicare il contribuente dichiarante”.

17. Ciò, invero, trovava conforto nel testo del’articolo, laddove si faceva riferimento ad accessi, ispezioni, verifiche, quali impedimenti ad una dichiarazione correttiva dell’errore. Orbene l’abrogazione dell’art. 9 cit., a seguito del D.P.R. n. 322 del 1998, e la previsione di analoga possibilità contenuta nell’art. 2, comma 8 – introdotto dallo stesso D.P.R. n. 322 del 1998, – giustificano l’interpretazione secondo cui il disposto del comma 8, riguardi unicamente errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione.

18. Il sistema appare poi equilibrato a seguito dell’inserimento del comma 8 bis, comma aggiunto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2 – che ha consentito al contribuente, a decorrere dall’1/1/2002, di correggere errori od omissioni che si risolvano in suo danno (cd. in bonam partem), apprestando per lo stesso una tutela distinta dalla domanda di rimborso e dal rimedi esperibili in sede giurisdizionale.

19. La dichiarazione “integrativa” suddetta – per la stessa funzione alla stessa attribuita dalla norma – viene a saldarsi con la originaria dichiarazione presentata, modificando “ora per allora” il contenuto delle voci reddituali indicate.

20.11 sistema normativo creatosi a seguito dell’introduzione dei commi 8 e 8 bis consente quindi di distinguere, nell’ambito dello stesso art. 2, i limiti e l’oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative. Ciò nel senso che la correzione di errori od omissioni in danno della P.A. sono emendabili non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nonchè, con specifico riferimento alla disciplina anteriore alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 637, alla mancata constatazione della violazioni e le attività di accertamento (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 14999 del 17/07/2015; Sez. 5, Sentenza n.5398 del 04/04/2012). Gli errori o omissioni in danno del contribuente possono, di contro, essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante.

21. La predetta distinzione circa l’oggetto delle dichiarazioni Integrative di cui ai commi 8 e 8 bis rispettivamente in malam o in bonam partem – porta ad escludere che il disposto di cui al comma 8 bis si ponga in rapporto di species ad genus rispetto al comma 8, così consentendo al contribuente di correggere gli errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta odi un minor credito, entro il più ampio termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

22. Consegue da quanto sopra che oggetto del controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, non può che essere la “dichiarazione fiscale emendata” come risultante dalla fusione dell’atto originario e di quello integrativo.

23. Va a tal punto precisato che il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze, come nell’ipotesi prevista nel D.M. 22 luglio 1998, n. 275, il quale, all’art. 6, stabilisce che il credito di imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso (Cass. 19868/2012).

24. Il diverso campo applicativo delle norme in materia di accertamento (D.P.R. n. 600 del 1973, D.P.R. n. 322 del 1998) rispetto a quelle relative alla riscossione (D.P.R. n. 602 del 1973) comporta la necessaria distinzione tra la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, e il diritto al rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. D’altra parte l’introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l’autonomia del suddetto regime. L’ultimo periodo del comma 8 bis, nell’affermare che “L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11”), evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto.

25. Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all’art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui la istanza dl parte costituisce l’atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato – formale ed in rettifica – originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale.

26. La natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., il disposto dell’art. 10, dello Statuto del contribuente – secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede – nonchè il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, comportano poi l’inapplicabilità in tale sede, delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa.

27. Oggetto del contenzioso giurisdizionale è infatti l’accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva, quand’anche fondata sulla base di dati forniti dal contribuente.

28. E’ agevole rilevare che, In tal caso, non si verte in tema di “dichiarazione integrativa” ex art. 2 cit., o dl richiesta di rimborso ex art. 38 cit., onde non può escludersi, sulla base dei suesposti principi, il diritto del contribuente a contestare il provvedimento Impositivo, fornendo prova delle circostanze, quali anche errori o omissioni presenti nella dichiarazione fiscale.

29. Va quindi condiviso l’orientamento espresso dalla Quinta sezione laddove ha riconosciuto la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sul’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all’art. 2 cit.. (v.

Ord. 21740 del 26/10/2015; Sent. 26198/2014; Ord. 10775 del 25/5/2015, Ord. n. 3754 del 18/02/2014; Sent. n. 2226 del 31/01/2011).

30. Tale ricostruzione dei rapporti intercorrenti tra la dichiarazione Integrativa, la richiesta di rimborso ed il contenzioso giudiziario eventualmente insorto in conseguenza di errori o omissioni nella dichiarazione fiscale risolvono i dubbi espressi nell’ordinanza di rimessione circa l’oggetto ed i limiti della dichiarazione integrativa.

31.Vanno conseguentemente affermati i seguenti principi di diritto:

La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’Indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta odi un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’Imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sul’obbligazione tributaria.

32. Non conforme a tali principi è la decisione impugnata laddove ha omesso alcuna valutazione in ordine alla fondatezza delle contestazioni sollevate dalla società ricorrente in sede contenziosa, sulla base della non emendabilità della dichiarazione presentata per il periodo di imposta 2002.

33. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla CTR della Sicilia anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, compensando le spese tra le parti. Accoglie il ricorso proposto nel confronti dell’Agenzia delle Entrate nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della CTR della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2016