201404.15
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Cass., sez. III pen., 3 aprile 2014, n. 15176 (testo)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente –

Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Mari – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Milano;

nei confronti di:

I.A., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24/04/2013 del Tribunale di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito per l’imputato gli avv.ti Andrea Calvi e Saverio Stellari.


Svolgimento del processo


1. Il Tribunale di Milano, con sentenza emessa in data 24 aprile 2013, assolveva I.A. perchè il fatto non costituisce reato dal delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter, per avere, quale legale rappresentante della società M.A.I.E.R. Project s.r.l., omesso il versamento entro il termine previsto per il pagamento dell’acconto IVA relativo al periodo d’imposta successivo, dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per l’ammontare di Euro 228.167,00 (e dunque per un ammontare superiore a 50.000 Euro) per il periodo d’imposta 2007.

Il tribunale giungeva a tale conclusione ritenendo, sulla base degli esiti dell’istruttoria dibattimentale, non configurabile l’elemento soggettivo del reato, (o quanto meno riteneva la presenza di un ragionevole dubbio sulla sussistenza del dolo), sul rilievo dell’esistenza di una obiettiva situazione di illiquidità della società M.A.I.E.R. Project s.r.l., dovuta peraltro ai sistematici e gravissimi ritardi nei pagamenti da parte dei clienti della società.

Secondo il giudice di merito occorreva, in linea peraltro con una lettura costituzionalmente orientata della norma incriminatrice, considerare che la volontà di non effettuare nei termini il versamento dovuto (che costituiva un segmento indefettibile del dolo richiesto dalla fattispecie) presupponeva -secondo la struttura tipica dei reati omissivi – la possibilità di assolvere il dovere di pagamento: la crisi acuta di liquidità aveva, nel caso di specie, comportato una effettiva mancanza di volontà dell’omissione in considerazione di una sorta di causa di impossibilità relativa, da valutarsi in relazione a quanto umanamente esigibile dal soggetto su cui incombe il dovere di adempiere.

2. Per l’annullamento della sentenza ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano affidando il gravame ad un unico motivo di gravame con il quale lamenta inosservanza od erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)).

Si sostiene che l’elemento soggettivo dei reato di omesso versamento dell’IVA è costituito dal dolo generico, essendo sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato, la consapevolezza di omettere i dovuti versamenti, a nulla rilevando la finalità di eludere gli obblighi tributari, nè tantomeno che l’impresa abbia attraversato una fase di criticità che l’abbia indotta ad assolvere a debiti ritenuti più urgenti.

Si tratta, secondo il ricorrente, di un principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di omesso versamento dei contributi previdenziali o di omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni dei dipendenti e ciò tanto più che il soggetto che esegue la cessione di beni o la prestazione di servizi incamera dal cliente beneficiario della cessione o della prestazione una somma di denaro a titolo di imposta sul valore aggiunto, che deve obbligatoriamente accantonare per la successiva effettuazione del versamento a favore dell’Erario.

Non si tratta di una risorsa di sua proprietà, ma di pertinenza dello Stato, esattamente come avviene nel caso delle ritenute operate dal sostituto d’imposta sulle retribuzioni dei dipendenti o sui compensi dei professionisti: nel caso dell’Iva, l’imposta grava sul consumatore finale, ma colui che la incassa, per effetto della prestazione, deve destinarla all’Erario, con la conseguenza che, in caso di mancato versamento, non viene meno in nessun caso l’elemento soggettivo del reato.

3. La difesa del ricorrente ha prodotto note di udienza.


Motivi della decisione


1. Il ricorso è infondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.

2. Il Tribunale ha assolto l’imputato perchè il fatto non costituisce reato esternando il suo convincimento mediante una motivazione immune da vizi logici.

Ed infatti, sulla base delle risultanze probatorie acquisite, il Giudice del merito ha accertato come la società M.A.I.E.R. Project s.r.l. (società avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione di impianti elettrici, elettronici, di automazione, hardware e software, impianti di sicurezza, impianti industriali, civili e di trazione elettrica su mezzi ferroviari, tramviari ed il trasporto in genere, oltre che il collaudo, la manutenzione, riqualificazione, realizzazione e fornitura di materiali per tutte le tipologie di servizi sopra menzionate) avesse, a decorrere dal 2003, svolto attività incentrata sulla manutenzione delle carrozze e delle locomotive ferroviarie e sulla progettazione dei prodotti elettronici per i servizi ferroviari, sviluppando rapporti con pochi grossi clienti, costituiti dalle più grandi aziende del settore, quali Trenitalia, Ansaldo Breda, Alstom, Firema e RGM. Detti clienti (in particolare Trenitalia, che da sola assorbiva il 70% circa del fatturato della M.A.I.E.R.) pagavano con sistematico e grave ritardo le loro prestazioni: l’imputato ha riferito di attese medie di 200 – 250 giorni dalla prestazione; i testi L.M. e V. hanno riferito che l’emissione delle fatture veniva autorizzata dalla cliente (con l’approvazione dei s.a.l.) solo 3 – 4 mesi dopo la prestazione, con pagamenti effettivi che seguivano l’emissione delle fatture anche di 150/180 giorni.

Per fronteggiare la conseguente, grave crisi di liquidità provocata da detti ritardi, l’imputato, nella sua qualità di amministratore della M.A.I.E.R. Project s.r.l., fece ricorso massiccio allo sconto bancario delle fatture, grazie ad un “castelletto” che nel 2007/2008 ammontava a circa 1,5/1,8 milioni di Euro: margine che, considerati i volumi d’affari della società, venne tuttavia interamente assorbito nell’arco di due o tre mesi.

Nell’arco del 2007 l’imputato aveva assolto parzialmente l’onere di versamento mensile dell’Iva (è comunque risultato un pagamento, sebbene tardivo, per le mensilità di aprile, maggio, giugno, agosto, ottobre, novembre 2007), pagati i dipendenti e i debiti contributivi nei loro confronti,” la società chiudeva il bilancio al 31.12.2007 con crediti esigibili entro 12 mesi di 4,132 milioni di Euro, a fronte di un volume d’affari di circa 6,7 milioni di Euro (nella nota integrativa al bilancio, significativamente si poneva in evidenza l’incremento del “monte crediti” dovuto sia all’incremento del volume d’affari, sia al “perdurare delle condizioni di pagamento conosciute dal mercato che obbligano ad un’pesantè finanziamento ai clienti”).

Alla fine del 2008, i ritardi nei pagamenti si aggravarono ulteriormente: il bilancio al 3.12.2008 (prodotto dalla difesa) aveva fatto registrare disponibilità liquide modestissime, a fonte di un’impennata dei crediti esigibili entro 12 mesi a 6,5 milioni di Euro; gli oneri finanziari – complessivamente oltre 308.000,00 Euro – vanificavano il risultato positivo della gestione caratteristica;

anche il monte debiti aveva subito un notevole incremento rispetto all’esercizio precedente, di oltre 1,9 milioni di Euro.

Nello stesso periodo la società non aveva più liquidità disponibile per il pagamento del residuo debito IVA per il 2007:

tutti i conti correnti della M.A.I.E.R. Project s.r.l. facevano registrare saldi negativi.

Ciò posto, a fronte della prova emersa in dibattimento dell’esistenza di una obiettiva situazione di illiquidità della società M.A.I.E.R. Project s.r.l., dovuta peraltro ai sistematici e gravissimi ritardi nei pagamenti da parte dei clienti della società, il tribunale ha ritenuto come non fosse configurabile il dolo del delitto contestato (o quanto meno vi fosse un ragionevole dubbio sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato).

3. Si deve pertanto ribadire quanto già affermato da questo Collegio con la sentenza n. 9264 del 2014, emessa in caso analogo, essendosi ritenuto come, attraverso l’accertamento in fatto, così espletato, il Tribunale sia pervenuto a qualificare come inesigibile una condotta alternativa rispetto a quella concretamente adottata dall’imputato; e tale accertamento, che compete appunto al giudice di merito, è stato fondato sulla ritenuta osservanza degli oneri di allegazione e di prova, cui l’imputato non si è sottratto ed ai quali egli ha anzi precisamente adempiuto, tanto che l’accertamento compiuto nel corso del giudizio di merito è stato supportato da una motivazione priva di illogicità e incongruità, ed anzi particolarmente concreta, lineare e dettagliata.

Non si può non rilevare, avuto riguardo alla specificità (omisso medio) del ricorso per cassazione proposto, come il giudice di merito non sia affatto incorso in violazione di legge relativa all’elemento soggettivo, bensì abbia accertato, nel modo appena sintetizzato, la concreta insussistenza della fattispecie criminosa de qua.

La conclusione del tribunale, infatti, è stata argomentata sul rilievo, non scalfito dal motivo di gravame, che la volontà di non effettuare nei termini il versamento dovuto (che costituisce un segmento indefettibile del dolo richiesto dalla fattispecie) presuppone – secondo la struttura tipica dei reati omissivi – la possibilità di assolvere il dovere di pagamento e, nel caso di specie, la crisi acuta di liquidità ha comportato, secondo il Giudice del merito, una effettiva mancanza di volontà dell’omissione in presenza di una sorta di causa di impossibilità relativa, da valutarsi in relazione a quanto umanamente esigibile dal soggetto su cui incombe il dovere di adempiere.

Nè il Tribunale ha posto in discussione i principi consolidati affermati da questa Corte in punto di specie del dolo e di accertamento di esso.

Il Tribunale ha ricordato come il dolo fosse generico e non ha messo in discussione il fatto che l’imputato avesse un obbligo di accantonamento, evidenziando tuttavia sotto tale ultimo e specifico profilo che, ove pure si superassero le obiezioni circa i tratti ontologicamente colposi che rivelerebbe un giudizio fondato sulla “imprudente gestione” delle proprie risorse (facendo ricorso alla categoria del dolo eventuale, con riferimento alla rappresentazione dell’evento costituito dal mancato pagamento come risultato possibile a fronte di un modo di agire illecito), neppure tale percorso argomentativo risulterebbe convincente nel caso di specie.

Ed infatti, il Tribunale, con logica ed adeguata motivazione, ha ritenuto che il comportamento dell’imputato fosse, in ogni caso, caratterizzato dalla assenza di profili di rimproverabilità perchè – a fronte di un obbligo tributario che, all’epoca dei fatti, sorgeva dalla semplice emissione della fattura (a prescindere, quindi, dall’effettiva riscossione del credito per la prestazione eseguita) ed a fronte dei sistematici, gravissimi ritardi dei fornitori nel pagamento delle fatture stesse – il ricorso massiccio al credito bancario e, per certi versi, anche a causa dell’ulteriore, conseguente aggravamento degli oneri passivi determinati dalle percentuali trattenute dalle banche per lo sconto delle fatture, comportò che il ricorrente dovette fronteggiare una gravissima carenza di liquidità, sicuramente non ascrivibile a sua colpa, ma derivante dalla micidiale combinazione dei due fattori sopraindicati, entrambi non dipendenti da lui, con la conseguenza che fu costretto a non pagare il debito erariale da un comportamento omissivo e dilatorio di soggetti che avrebbero dovuto saldare fatture per forniture e prestazioni ricevute per ingenti importi.

Al cospetto di un tale scrupoloso accertamento il motivo di gravame non muove alcun rilievo al Giudice del merito, attestandosi ai limiti dell’aspecificità.

Questa Corte ha recentemente affermato (Sez., 3, 05/12/2013, n. 5467, deo. 04/02/2014, Mercutello) come siano possibili casi, il cui apprezzamento è devoluto al giudice del merito e come tale insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, nei quali possa invocarsi l’assenza del dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria.

E’ tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione e di prova che, per quanto attiene alla crisi di liquidità, debbono investire non solo l’aspetto circa la non imputabilità al soggetto tenuto al pagamento dell’imposta della crisi economica, che avrebbe improvvisamente investito l’azienda, ma anche che detta crisi non possa essere stata adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto.

Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, se del caso anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

Nel caso specie, adempiuti gli oneri probatori a carico dell’imputato (come ha dato atto il Tribunale nella sentenza impugnata e neppure contestato da parte del ricorrente), lo scrutinio compiuto dal Giudice del merito è immune da censure, che neanche il ricorrente ha concretamente mosso, conseguendo da ciò, in conformità alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale di udienza, il rigetto del ricorso.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso del P.G..

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2014