Attività giornalistica

Non credo che nelle nostre facoltà di giurisprudenza ci sia bisogno di addestrare i giovani alla eloquenza forense, come nelle antiche scuole di retorica. Gli studi giuridici devon servire a sciogliere il pensiero: quando questo sia agile e pronto, l’eloquio si scioglie da sé.
Ma se una scuola di oratoria forense si dovesse istituire, la farei funzionare così: darei all’allievo da studiare, in una mattinata, il fascicolo di una complicata e difficile controversia civile, sulla quale egli dovrebbe poi riferire oralmente, in modo chiaro e compiuto, nell’inesorabile giro di un’ora. Il giorno seguente, sullo stesso argomento, dovrebbe riferire in mezz’ora; e infine, il terzo giorno, il tempo concessogli per ripetere la relazione dovrebb’essere ancora ridotto a un quarto d’ora.
A questa terza prova, che sarebbe quella decisiva, dovrebb’esser presente un uditorio di studenti, assolutamente ignari del caso. Se il relatore riuscisse a saper toccare in quell’arringa concentrata tutti i punti essenziali della causa, in modo così chiaro e ordinato da farsi seguire ed intendere a colpo da quell’uditorio, egli mostrerebbe di aver imparato il genere di eloquenza che occorre per diventare un buon avvocato di cassazione.

(Pietro Calamandrei, “Elogio dei giudici scritto da un avvocato“, 1954)