200611.17
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Comm. trib. prov. Bari, sez. VIII, 12 maggio 2006, n. 24 (testo)

(Omissis). – Svolgimento del processo. – Con ricorso notificato all’Agenzia delle Entrate di Bari 1, a mezzo raccomandata con a. r., il 21/6/2005, depositato presso questa Commissione Tributaria Provinciale il successivo 20/7/2005, il Sig. (omissis) impugnava l’avviso di accertamento n. (omissis), con il quale era stato accertato che, per il periodo d’imposta 2000, i ricavi dichiarati risultavano inferiori a quelli derivanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62 – bis del D. L. n. 331/1993, e, di conseguenza era stato rettificato il reddito d’impresa minore dichiarato, con liquidazione di maggiori IRPEF, addizionale regionale all’IRPEF, IRAP, IVA e contributi previdenziali, oltre le relative sanzioni.

Il ricorrente eccepiva, nell’ordine, la illegittimità dell’iter di formazione dei decreti ministeriali di approvazione degli studi di settore; la carenza di motivazione e violazione dell’art. 2697 del codice civile; “la discrezionalità nella valutazione delle gravi incongruenze tra ricavo dichiarato e quello risultante dall’applicazione degli studi di settore”; concludeva con la richiesta di annullamento, previa sospensiva, dell’avviso di accertamento impugnato.

Con controdeduzioni depositate in data 23 agosto 2005, l’Agenzia delle Entrate di Bari 1 si costituiva in giudizio deducendo che “sono pienamente sussistenti i presupposti giuridici e quelli di merito posti a base della pretesa fiscale, peraltro ampiamente esposti nella motivazione dell’atto accertativo ed ai quali si fa espresso rinvio”.

All’udienza del 28/10/2005 questa Commissione sospendeva l’esecutività dell’atto impugnato.

In data 30/1/2006 il ricorrente depositava memorie illustrative con le quali illustrava i motivi di ricorso a supporto dei quali allegava copiosa giurisprudenza.

Fissata l’odierna udienza per la trattazione del merito, è comparsa per il ricorrente la Dott.ssa (omissis), che si è riportata alle difese e richieste in atti. Nessuno è comparso per l’Agenzia delle Entrate.

La Commissione ha deciso come da dispositivo.

Motivi della sentenza. – Il ricorso è fondato e va accolto.

Seguendo l’ordine logico delle censure mosse dal ricorrente, si ritiene di dover esaminare, in via preliminare, quella relativa alla presunta illegittimità dell’iter di formazione dei decreti ministeriali di approvazione degli studi di settore, per i quali si assume non essere stato seguito il procedimento previsto dall’art. 17 della L. n. 400/1988.

La censura è inammissibile in quanto generica.

Da un lato non si indica con precisione quale sarebbe il decreto illegittimo, in secondo luogo non si comprende per quale motivo il ricorrente ritenga che tale (non indicato) decreto abbia natura normativa e non regolamentare, circostanze che avrebbe imposto di seguire il procedimento previsto dall’art. 17 della L. n. 400/1988.

Passando ad esaminare l’eccezione relativa al difetto di motivazione, questa Commissione ritiene di doverla respingere poiché la funzione della motivazione è quella di circoscrivere gli elementi in base ai quali l’Ufficio intende fondare la propria pretesa impositiva, salvo dimostrare in giudizio la sussistenza di tali elementi.

Pertanto, il richiamo alle disposizioni di cui all’art. 62 – sexies del D. L. n. 331/1993, contenuto a pag. 3 dell’impugnato avviso di accertamento, è certamente sufficiente per rendere edotto il contribuente del fatto che, nel caso specifico, l’Ufficio ha proceduto all’accertamento del maggior reddito sul presupposto che esistessero “gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili […] dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’articolo 62 – bis”.

Per altro verso, poiché la suddetta disposizione normativa contiene un esplicito riferimento agli accertamenti di cui agli artt. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973 e 54 del D.P.R. n. 633/1972, ritiene il Collegio che, in linea generale, ove sussistano “gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili […] dagli studi di settore”, gravi sul contribuente l’onere di dedurre e dimostrare, in giudizio, le ragioni che, nel caso specifico, abbiano legittimato lo scostamento.

Fatta questa premessa di carattere generale, tuttavia, con riferimento alla fattispecie in esame la Commissione non può fare a meno di rilevare che l’avviso di accertamento impugnato è illegittimo poiché lo specifico studio di settore utilizzato per determinare i compensi o i corrispettivi “fondatamente attribuibili” al ricorrente (codice SD16U), in realtà è uno strumento tutt’altro che affidabile, quanto meno per affermare che sussistano “gravi incongruenze” tra i compensi dichiarati e quelli teoricamente accertabili con la sua applicazione.

Come osservato dal ricorrente, con l’art. 1 del D. M. 24/3/2005, il suddetto studio è stato sostituito, ritenendosi evidentemente necessaria “una incisiva e profonda revisione non solo a titolo di aggiornamento e manutenzione, ma anche e soprattutto a causa della crisi strutturale che investe ormai da anni il settore tessile”.

Se, per un verso, l’art. 2 dello stesso decreto indica gli anni d’imposta 2004 e 2005 quale periodo di applicazione dei nuovi studi, è altrettanto vero, dall’altro, che gli stessi studi “sono oggetto di monitoraggio […] e sono utilizzabili esclusivamente per la selezione delle posizioni soggettive da sottoporre a controllo con le ordinarie metodologie”.

L’opportunità di “sostituire” lo studio di settore applicabile alla specifica attività svolta dal ricorrente, di sottoporlo a monitoraggio e, in tale fase, di consentire agli uffici un utilizzo finalizzato alla sola “selezione” delle posizioni da sottoporre a controllo, induce il Collegio a ritenere che, nel caso di specie, si tratti di uno strumento statistico – matematico non proprio affidabile e, in ogni caso, non così affidabile da sostenere, sia pure con riferimento all’anno d’imposta 2000, che i compensi o corrispettivi accertabili in base allo studio di settore siano i compensi o corrispettivi “fondatamente attribuibili” al ricorrente meno che mai che tra tali compensi e quelli dichiarati sussistano “gravi incongruenze”.

Non priva di rilievo, poi la circostanze che, a fronte delle censure formulare sul punto dal ricorrente, l’Agenzia delle Entrate abbia ritenuto sufficiente dedurre, genericamente, che “sono pienamente sussistenti i presupposti giuridici e quelli di merito posti a base della pretesa fiscale”:

La Commissione, pertanto, ritiene che nel caso di specie non ricorressero i presupposti per fondare l’impugnato avviso di accertamento sulla sola ed esclusiva applicazione dello specifico studio di settore, con la conseguenza che l’atto impositivo è illegittimo e come tale va annullato.

La complessità e, soprattutto, la novità delle questioni trattate costituisce motivo sufficiente per procedere alla compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M. – La Commissione accoglie il ricorso ed annulla l’atto impugnato. Spese compensate. (Omissis)